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Fabio Della Pergola

Fabio Della Pergola

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Ultimi commenti

  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.93) 28 giugno 2013 09:50
    Fabio Della Pergola

    Immaginavo che sarei stato criticato o quantomeno chiamato a rispondere della frase riguardante i Testimoni di Geova e ringrazio il commentatore per la sua pacatezza nel puntualizzare la questione.

    Tengo a precisare che ho parlato solo di "stranezza" di comportamento, che si fonda su una lettura particolare e molto letterale di alcuni passi biblici, anche se l’ho fatto in un contesto in cui valuto delirante il comportamento della famiglia argentina protagonista della vicenda. Ma tra ’stranezza’ e ’delirio’ esiste una differenza di significato: nel primo caso si rifiutano le trasfusioni perché "Dio l’ha esplicitamente vietato" (in particolare in Levitico 3,17 in cui si vieta di mangiare sangue, e Atti 15,20-29), nel secondo si rifiutano le cure perché "Dio cura tutto".

    La differenza sta tra obbedire ad un (supposto) comandamento divino scritto in un libro vergato da mani umane - quindi attenersi ad un codice di comportamento stabilito socialmente - e credere in un intervento diretto del trascendente nella vita umana in un contesto di alterazione del rapporto con la realtà.

    Il divieto veterotestamentario cui si riferiscono i TdG, poi in qualche modo recepito anche dal Nuovo Testamento, si riferisce all’antica convinzione ebraica che nel sangue scorra il flusso vitale e che quindi il sangue appartenga alla sfera del sacro. Con il sangue infatti si aspergeva ciò che si voleva rendere sacro (che significa "separato", vedi ad esempio Esodo 12, 21-34).

    Le trasfusioni a quei tempi non c’erano, ma per estensione si afferma l’obbligo di "astenersi" dal sangue anche in merito a questa prassi medica.

    Entrando nel merito. Che i Testimoni di Geova si affidino sempre alle migliori cure possibili è fuori di discussione; ma che rifiutino le trasfusioni di sangue è noto. E dubito molto, anche se non ho specifiche competenze mediche, che le trasfusioni di sangue siano sempre e comunque sostituibili con altre pratiche. Anche fosse, sarebbe cosa recente, mentre il rifiuto dei TdG è ben precedente. Ed è noto dai casi riportati dalla stampa che la vita di alcuni TdG è stata messa in pericolo dal loro rifiuto, quando non si è arrivati fino ad un esito fatale. Di casi ce ne sono stati più di uno. Quindi dire che "le trasfusioni non sono mai l’unica cura possibile" mi pare molto discutibile.

    Riporto un dibattito http://www.uaar.it/news/2012/11/20/... in cui si equipara l’atteggiamento dei TdG a quello di chi rifiuta l’accanimento terapeutico a proposito di fine-vita; equiparando nei fatti la decisione religiosa dei TdG all’impegno laico relativo al testamento biologico.

    Quella che ho definito "stranezza" è che nella decisione religiosa si mette in pericolo la vita anche di chi ha o avrebbe tutta la vita davanti a sé. Mentre il testamento biologico o il rifiuto alla chemio sono decisioni di chi davanti a sé non ha più niente se non un tempo minimo contrassegnato da dolore e disperazione. Non mi pare la stessa cosa.

    So bene che il rifiuto a determinate terapie fa parte dei diritti del malato, ma scegliere coscientemente di morire (o anche solo il rischio di morire), in base ad una lettura molto controversa di un antico libro, per quanto lo si creda ispirato da Dio, a me pare quantomeno "strano". E sostanzialmente suicidale, nonostante si affermi la sacralità della vita.

    Tanto più "strano" se e quando si riferisce alla decisione di genitori presa per i figli minori (e la Legge in questi casi è chiara e obbliga la magistratura ad intervenire sostituendosi nella patria potestà).

    "Strano" non equivale a "delirante", ma il confine è una linea sottile. E’ un mio parere. Spero che nessuno si offenda per questo.

    L’impegno laico per il testamento biologico
  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.93) 27 giugno 2013 14:47
    Fabio Della Pergola

    Credo che "alzare la posta" nel modo suggerito da -.138 sia estremamente pericoloso perché scatenerebbe una ridda di pareri contrapposti e di dispute accesissime rendendo di fatto ancora più difficile la difesa di quel diritto minimo conquistato con enormi fatiche - come quella di questa caparbia eroina texana - nel corso di decenni.

    Il "diritto minimo" è, prima di tutto difendere il concetto che un feto NON è un bambino vivo; cioè che esiste una radicale, sostanziale differenza fra prima e dopo la nascita. I movimenti e le attività elettriche emesse dal cervello di un feto sono attività unicamente e puramente biologiche e neurologiche, manca l’attività cerebrale attiva dal punto di vista psichico. Cioè la vita umana.

    Già affermare questo è causa di aspri dibattiti, ma è questo il punto essenziale, non quello di stare a discutere se hanno diritto di parlare gli uomini o le donne (pur comprendendo il senso di questa affermazione). Anche fossero solo donne, ma donne religiosamente convinte che la vita umana esiste fin dall’embrione, il diritto all’aborto sarebbe immediatamente negato; non è quindi una questione di genere, ma di pensiero libero da pregiudizi di stampo religioso cristiano; né ebraismo né l’islam infatti ritengono che l’aborto debba essere sempre vietato perché sanno distinguere tra vita realizzata alla nascita e dimensione fetale.

  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.93) 27 giugno 2013 10:22
    Fabio Della Pergola

    Ringrazio tutti per la solidarietà. E anche -.87 per avermi fatto riflettere sul fatto che l’anonimato non è di per sé uno status negativo ma può essere, per tanti motivi personali, l’unica possibilità effettiva per poter partecipare ai dibattiti e dare il proprio contributo.

    Opportunità che non tutti usano, è vero, per fare danni.

  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.93) 26 giugno 2013 11:26
    Fabio Della Pergola

    Con fede "sana" credo che Geri Steve, nel suo interessante commento, indichi la formazione di un dato culturale con cui l’essere umano cerca di spiegarsi ciò che non riesce a spiegare con la sola capacità razionale di interpretare il mondo. Non tanto con l’ansia derivante da razionalità, quindi, quanto ansia derivante da incapacità/impossibilità di capire. Quello che Rudolf Otto definiva l’assolutamente "altro" rispetto alla ragione umana; che poi è andato a costituire quel vasto mondo del "sacro" in cui sono confluite tutte le questioni irrisolte.

    Più che ai meccanismi biologici, continuo perciò a credere nei meccanismi psicologici, peraltro comprensibili nel passaggio dall’animismo (il dio è l’albero) alle religioni (il dio ha creato l’albero) e che vengono viste in ciò che succede all’essere umano attraverso diverse interpretazioni di un fatto: mi sono tagliato con il coltello (fatto), il dio-coltello mi si è ritorto contro (animismo) oppure dio mi ha punito attraverso il coltello per un peccato (religione) o infine io mi sono punito da solo per i sensi di colpa di aver fatto qualcosa di sbagliato (meccanismo psicologico).

    Nel duemila d.C. questo meccanismo dovrebbe essere ormai chiarito ed anche la contrapposizione fra ragione e religione ha mostrato la corda. Esiste una vasto mondo umano che non è razionale, ma non per questo è legittimo assimilarlo al religioso.

    Purtroppo vaste sacche di religiosità sconfinano nel delirio, tanto quanto vaste sacche di estrema razionalità sconfinano o hanno sconfinato (basti pensare a Breivik o al nazismo) in altrettanti deliri. E la conclusione è sempre il dolore e la morte di qualcuno.

  • Di Fabio Della Pergola (---.---.---.93) 26 giugno 2013 11:02
    Fabio Della Pergola

    Ripeto che il merito (e il ringraziamento) va ad Agoravox, ai suoi fondatori, ai suoi direttori e ai suoi redattori. Con te Emanuele mi sono trovato qualche volta in disaccordo, ma ho il massimo rispetto per quello che pensi e per l’onestà con cui lo scrivi. Rispetto che ho sempre ricevuto da te, anche quando - raramente - ci siamo trovati a discutere.

    Ma questo non è un lezioso minuetto fatto di scambi di gentilezze fra colleghi, un gioco di squadra fra conniventi come probabilmente penserà quella scimmia urlante di cui parlo nell’articolo, ma la semplice verità di questo giornale. A cui vanno i miei auguri di lunga vita.

    E ad Emanuele i migliori auguri di buon lavoro nella sua nuova veste di direttore.
    Ciao, Fabio DP

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