• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

Persio Flacco

L'autore non ha inserito, ancora, una sua descrizione.

Statistiche

  • Primo articolo lunedì 08 Agosto 2013
  • Moderatore da giovedì 02 Febbraio 2014
Articoli Da Articoli pubblicati Commenti pubblicati Commenti ricevuti
La registrazione 19 498 44
1 mese 0 0 0
5 giorni 0 0 0
Moderazione Da Articoli moderati Positivamente Negativamente
La registrazione 8 8 0
1 mese 0 0 0
5 giorni 0 0 0












Ultimi commenti

  • Di Persio Flacco (---.---.---.160) 11 febbraio 2017 08:49

    Grazie per l’apprezzamento. In realtà il contenuto di questo articolo è sostanzialmente identico a quello che pubblicai a proposito del referendum del 4 dicembre. Del resto era una scelta obbligata: volendo intervenire nel dibattito sulla legge elettorale non avrei potuto scrivere nulla di diverso. La priorità, in un caso e nell’altro, è difendere la tenuta democratica del paese dal regime partitocratico e dalle mire di dominio che vengono dall’esterno.

    Sono ancora pochi quelli che nel mondo della informazione e della politica sono disposti a riconoscere la gravità del colpo tentato con la riforma Napolitano-Renzi-Boschi, e probabilmente rimarranno pochi, perché anche solo scalfire la superficie di questa materia metterebbe in luce l’origine dell’anomalia italiana.

  • Di Persio Flacco (---.---.---.160) 10 febbraio 2017 18:14
    Non ha risposto alla domanda. D’altra parte non è che ci contassi.

    Lei scrive: "In ballo c’è la proposta ideologica di superamento reazionario del sistema democratico. Basta leggere qualcosa di Dugin per capirlo, è assolutamente chiaro."
    Bene, poniamo che questo sia vero, che i bisbigli di Dughin si riversino nell’orecchio di Putin passando da un orecchio all’altro di Glazyev. Lei pensa che stringere d’assedio la Russia, minacciarla (non facciamo finta che questo non sia, per favore), mostrificare il suo presidente, possa indurla ad abbandonare certe tentazioni?

    Oppure non è vero piuttosto il contrario, che quanto più l’assedio si stringe, le minacce aumentano, la mostrificazione diventa assordante, tanto più l’indignazione, l’offesa per accuse che non si riconoscono fondate, la tendenza a semplificare e polarizzare i termini dello scontro, spinge esattamente nella direzione che, a parole, si vorrebbe contrastare?

    Anche questa è una domanda retorica: certo che è così, è ovvio. E’ tanto ovvio che, ne sono certo, anche i promotori della campagna contro la Russia di Putin lo sanno perfettamente. E se lo sanno, come è sicuro, allora la loro campagna ha un verso nominale e uno sostanziale che sono di segno opposto. Uno buono per i gonzi, che sperano di armare contro il Nemico, e l’altro per indurre il Nemico a diventare un nemico reale. Propaganda di guerra, appunto.

    Però mi chiedo una cosa: questi signori, i maestri di pensiero, i grandi proprietari di mezzi di informazione, che organizzano e alimentano la propaganda di guerra, non temono che se le loro strategie fossero smascherate la gente si incazzerebbe con loro?
    Non scorgono i primi chiari segni rivelatori della diffidenza nei destinatari delle loro rappresentazioni tendenziose? E se si ritrovassero, soli, a suonare le trombe di guerra in mezzo ad una moltitudine che li osserva ostile, che finalmente si rende conto di come abbiano tentato di usarla come carne da cannone? Se mai dovesse accadere non sarebbe affatto divertente.

    Quale sarebbe invece il modo migliore per indurre la Russia a starsene lontana dal nuovo Rasputin (sempre che vi sia qualche fondamento nel pericolo segnalato con tanta accurata verosimiglianza)? Vabbè, soprassediamo.

    Scrive: "Ho già scritto tre o quattro articoli sui cambiamenti di paradigma politico nel mondo. Russia e USA sono al centro dell’attenzione, ovviamente, non solo perché sono i "grandi", ma anche perché in questi due paesi i cambiamenti in corso sembrano in procinto di produrre crisi sistemiche."

    Si, è vero: qualcosa è cambiato (bel film). Però non saprei dire se le crisi sistemiche che si annunciano tenderanno al segno negativo o a quello positivo nelle loro tendenze principali. Penso si possano anche rappresentare le tendenze incombenti come crisi di una crisi. Se così fosse il segno sarebbe positivo. Ma molto dipende da come viene vissuto individualmente il contesto attuale. Non c’è dubbio che per l’uno per cento della popolazione mondiale (la parte fortunata) la crisi di ciò che ora costituisce le basi del suo benessere sarebbe una vera iattura. D’altra parte per la componente meno fortunata e più numerosa dell’umanità la iattura sarebbe la permanenza dello stato di fatto. Questo stato di cose, così come è ora, costituisce già una situazione di crisi: le tensioni sono diventate troppo acute, il sistema era mal tarato e ha consentito che si superasse il livello di tensione fino al punto di rottura.

    Dunque forse è bene che questo contesto vada in crisi: magari riesce a ritrovare un equilibrio più stabile. Si tratta di capire se potrà essere una crisi controllata oppure un disastro. E’ difficile dire se una volta innescato il crollo del superattico abusivo il resto dell’edificio rimarrà in piedi.
    Molto dipenderà da quelli che avranno le maggiori responsabilità nella vicenda. Se saranno persone oneste, e avranno a cuore i loro simili e rispetto per loro, potremmo uscirne bene. Questo esclude la greppia neocon-sionista, ovviamente. Quella per cui Putin è il Nemico.
  • Di Persio Flacco (---.---.---.160) 10 febbraio 2017 11:31
    Di certo non sarà un trattato vecchio di 70 anni, sottoscritto in un’altra era, a fornire nuova motivazione e nuova linfa ad una Europa gravemente malata.
    Soprattutto non è con la colpevolizzazione dei nazionalismi che si riuscirà a convincere i cittadini europei a *volere* essere cittadini d’Europa, che è l’unico modo realistico affinché l’Unione Europea abbia un senso e un futuro.
    Ma, a proposito: esiste davvero la "cittadinanza europea"? Se anche i cittadini degli Stati dell’Unione cambiassero idea, se volessero tornare all’antica affezione per il sogno della comune Patria europea, troverebbero ad accoglierli un diritto di cittadinanza appagante, completo, effettivo, che li induca ad allontanarsi almeno parzialmente dalla loro cittadinanza nazionale?
    No, non esiste. Basta sovrapporre cittadinanza nazionale e cittadinanza europea per averne la prova. Dove sono i diritti politici democratici? Dov’è la difesa comune? Dove sono gli istituti dell’Unione Europea che difendono i loro legittimi interessi, e solo i loro, sul panorama internazionale di fronte alle superpotenze globali? Non esistono, dunque non esiste una cittadinanza europea alla quale possano affidarsi, sempre che lo vogliano ancora.
    Si dirà: ma è colpa loro se tra le istituzioni comunitarie non esistono un ministero della difesa, degli esteri, dell’economia, una vera banca centrale. E’ colpa loro se al loro posto vi è una Commissione di nominati, un Consiglio con 27 possibilità di veto che si riunisce a porte chiuse, un Parlamento che è più un pretesto per far votare gli europei e dargli l’illusione di contare qualcosa e che l’Unione è democratica che altro.
    In parte si: è anche colpa dei cittadini, ma è la parte più piccola delle responsabilità per lo stato di cose che sta portando l’Unione Europea alla morte.
    Hanno deciso i cittadini europei di fagocitare i Paesi ex sovietici fino a gonfiare e paralizzare il centro decisionale dell’Unione?
    Hanno deciso i cittadini europei di partecipare a seminare il caos in Medio Oriente suscitando bibliche migrazioni ai suoi confini?
    Sono stati i cittadini europei a volere fortissimamente l’Ucraina nell’Unione a costo di mettere una bomba sotto le relazioni tra Europa e Russia?
    Hanno scelto i cittadini europei due ectoplasmi come la Ashton e la Mogherini per affidar loro l’altisonante incarico della difesa e della politica estera comunitaria?
    E sono stati i cittadini europei a volere il manipolo di burocrati che stabilisce il diametro delle vongole, la misura del cesso, la curvatura del cetriolo?
    Nossignori, non potete permettervi il ditino alzato contro "gli egoismi" nazionalistici dei cittadini europei.
  • Di Persio Flacco (---.---.---.160) 10 febbraio 2017 10:40
    Io mi sarei arrampicato sugli specchi? Veramente ci stavo pattinando sopra...
    A parte le battute, mi interessa davvero un suo parere su una certa questione.

    E’ un fatto che quotidianamente, con zelo e costanza ammirevoli, grandi e rinomati organi di informazione, poderosi think tank, noti intellettuali, cuciano addosso a Putin dei vestiti... non proprio rassicuranti, diciamo. Succede poi che il flusso del loro impegno comunicativo si riversa, come un grande fiume si divide in mille rivoli nel suo delta, negli organi di informazione più piccoli in vari paesi del mondo occidentale. Quello che ne risulta è una "rappresentazione" di Putin che ha un enorme bacino di ascolto e un grande potenziale di orientamento delle opinioni.

    Dico "potenziale" perché da qualche tempo il rendimento di questa macchina comunicativa sembra essersi assai ridotto.
    In ogni caso, che l’effetto sia ridotto o meno, l’impegno nell’affermare e promuovere nel mondo occidentale un movimento di opinione contro Putin è reale ed è sempre alto.

    Bene, preso atto di questo, e preso atto che la rappresentazione negativa di Putin si rivolge ad una ampia platea persone: semplici cittadini, ma anche decisori politici, vippini e vipponi dello spettacolo, maestri di pensiero, operatori economici ecc., che NON risiedono in Russia, mi chiedo: quale è lo scopo, quali effetti ci si prefigge di conseguire?
    Se la campagna anti Putin fosse rivolta ai cittadini russi direi che il suo scopo più probabile potrebbe essere quello di indurli a non votare per lui, a smettere di appoggiare le sue politiche, a manifestargli contro la loro avversione.
    Ma essendo rivolta, come è, ai paesi occidentali, quali azioni concrete si aspettano di suscitare i proprietari dei grandi mezzi di informazione col loro quotidiano impegno?

    La domanda è ovviamente retorica: lo sappiamo già. La NATO sferraglia coraggiosamente con i suoi tank ad un tiro di schioppo dal confine russo; le repubbliche baltiche sono "terrorizzate" dalla prospettiva di essere di nuovo ghermite dall’orso delle steppe; la Polonia è "atterrita" dalla paura che il nuovo Zar (e che Zar... lo Zar nero!) possa volgere il suo occhio rapace contro di lei; l’Ucraina è devastata dalla implicita doppia fedeltà dei tanti, troppi, russi che la abitano, e amputata della Crimea, tanto cara al cuore ucraino; i leader europei sono angosciati dalla prospettiva di essere lasciati soli dal traditore Trump, in balia del nero (e pure cattolico!) Vladimiro.

    Che poi, diciamo la verità, il comune cittadino non è mica tanto preoccupato: non è che ci crede troppo a certi ritratti. E poi ha la Rete, con le "fake news" che gli raccontano un’altra storia, meno preoccupante. Qualcuno ha anche il cervello collegato ed elabora da solo una certa quota di diffidenza verso certe campagne.

    No, il problema non è il comune cittadino, che per lo più non ci pensa proprio a morire per Kiev, anche perché da quelle parti non circolavano tante croci uncinate da quando vi fu l’invasione nazista, il problema sono i decisori politici, che invece ci credono e prendono provvedimenti concreti, vincolanti anche per i cittadini più diffidenti, se non contrari!
    Dovrei aprire una parentesi sulla credulità dei leader europei: vere anime candide! Ma preferisco soprassedere.

    Ebbene, caro Della Pergola, secondo lei a cosa mira la campagna "informativa" su Putin, alla quale anche lei ho visto fornisce un valido contributo, non sarà mica propaganda di guerra? Ci si aspetta forse che i cittadini occidentali, travolti dall’indignazione, si offrano di impugnare le armi per togliere questo obbrorio dalla faccia della terra e dalle spalle dei russi che, come gli irakeni, i libici, i siriani (salvo altri), anelano alla Democrazia e alla Libertà?

    Non è una domanda provocatoria, mi interessa davvero capire.





  • Di Persio Flacco (---.---.---.160) 9 febbraio 2017 18:49

    A Dughin piace Putin, dunque a Putin piace Dughin. Togliete dalla chiave di volta questa equivalenza farlocca e tutto il resto diventa una affascinate cumulo di chiacchiere.

    In ogni caso il presidente russo è eletto a suffragio universale, dunque è un gradino più in alto del democraticissimo presidente degli stati uniti sulla scala del valore democratico.
    Ma (ops!) se i russi liberamente scelgono Putin, e se Putin è un dittatore sanguinario seguace di Dughin, allora i russi sono dittatori sanguinari seguaci di Dughin! (Una volta presaci la mano il gioco delle equazioni è pure divertente).
    Ma allora aveva ragione lo Zio Adolfo a voler fare dei russi: razza inferiore, la manovalanza del reich millenario.
    Ma (ops! di nuovo): non sto attaccando Putin. Dunque, se non sono suo nemico allora sono suo amico, quindi seguace di Dughin e di un dittatore sanguinario come Putin! Che scoperta deprimente...
    Sembra divertente, ma lo diventa un po’ meno sapendo che quotidianamente le corazzate dell’informazione mondiale non fanno che ricamare questo filo.

TEMATICHE DELL'AUTORE

Tribuna Libera Mondo

Pubblicità



Pubblicità



Palmares

Pubblicità