70 anni del Trattato di Pace: definirlo iniquo è una grave miopia nazionalistica

par Marco Barone
venerdì 10 febbraio 2017

Sono 70. E li porta male, male perché sono convinto che in Italia, in un sistema dall'ignoranza diffusa, molti non conoscono l'esistenza del Trattato di Pace del '47, e delle vicissitudini che ne sono derivate e che hanno portato prima al Memorandum di Londra e poi al Trattato fuggitivo di Osimo. 

Così come sono convinto che la storia non la si scrive con i "se". Ma dal momento in cui si continuano a proporre iniziative, anche con copertura istituzionale, ove si afferma senza mezzi termini l'iniquità del Trattato di Pace del '47 di Parigi, firmato dai vincitori della seconda guerra mondiale, come Jugoslavia, Usa, Unione Sovietica, e da chi venne sconfitto, come l'Italia, delle riflessioni devono essere sollevate.
 
Cosa accadrebbe se in Slovenia si attuassero iniziative di propaganda dove si parlasse dell'iniquità del Trattato di Pace, poichè Trieste non è stata ceduta o non si è realizzato il TLT ed il territorio della "provincia" di Gorizia non è stato ugualmente integralmente ceduto alla Jugoslavia? Perché in Italia chi nella maggioranza dei casi tende a sollevare l'iniquità di questo Trattato continua nella perdurante lamentazione della perdita dell'Istria, ad esempio. Le cui responsabilità sono state del fascismo, ma questo ricordarlo sarebbe troppo onesto intellettualmente e l'onestà intellettuale non è per tutti in questo schizofrenico mondo. Ma nella premessa del Trattato di Pace si scrive in modo netto che "l'Italia sotto il regime fascista ha partecipato al Patto tripartito con la Germania ed il Giappone, ha intrapreso una guerra di aggressione ed ha in tal modo provocato uno stato di guerra con tutte le Potenze Alleate ed Associate e con altre fra le Nazioni Unite e che ad essa spetta la sua parte di responsabilità della guerra".
 
Così come è da ricordare che nel Trattato di Pace si scrive che l'Italia, almeno formalmente, "ha preso misure per sciogliere le organizzazioni fasciste in Italia, non permetterà in territorio italiano, la rinascita di simili organizzazioni, siano esse politiche, militari o militarizzate, che abbiano per oggetto di privare il popolo dei suoi diritti democratici". 
Disposizioni che poi verranno raccolte nella nostra Costituzione.
 
L'Unione Europea è l'unica soluzione a stati piccoli e grandi che essi siano, con l'eliminazione della sovranità nazionale, il Vecchio Mondo senza più confini e frontiere, e governato dai popoli e non dall'economia di mercato era la via tracciata con il trattato di Pace del '47 nel momento in cui si è sancita la fine del conflitto e la tutela piena dei diritti umani che verrà recepita in un primo tempo dalla nascita del Consiglio di Europa del '49, primo tassello di quella cooperazione che porterà all'Unione Europea. Questa è l'immensa via maestra da seguire, altro che iniquità, rischiando di compromettere i rapporti con gli Stati confinanti, certo, è innegabile che le cose oggi non funzionano bene, che questa Europa deve essere ribaltata nei suoi meccanismi economici, ma l'ideale non è mai tramontato ed andrà difeso con le unghie.
Dunque parlare ancora oggi di iniquità del Trattato di pace significa non solo stare dalla parte del torto della storia, ma rischiare anche di legittimare discorsi arcaici che in Europa hanno prodotto solo disastri con due conflitti mondiali grazie al fervore dei beceri nazionalismi. Il grande contenitore dell'Unione Europea ha lo scopo di minare confini e particolarismi sterili ed ostili ad una società senza più muri.
Marco Barone

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