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Una parola ed una scuola "smart"

Di Marina Serafini (---.---.---.18) 17 settembre 2017 10:19

Un articolo davvero smart anche se le conclusioni rivelano la non smartitá dell’italiano modo di fruire della smartitá ( smartezza?) di altre culture - e questo non é smart!!! Un ottimo contributo, su un argomento spesso molto confusamente argomentato, oltre che confusamente molto argomentato. Ipotizzo che lo smartphone sia stato accettato come strumento di lavoro. In qualità di sostituto di improbabili tablet - raccomandati, costosi, e quindi non inseriti nei preventivi di spesa di una scuola su cui si e’ smesso da tempo di investire. In termini di strumenti come anche di professionisti. Quindi si lascia che gli strumenti ognuno se li porti da casa, indipendentemente dalla definizione chiara di regole di utilizzo degli stessi. Dato che appunto, come lei ben chiarisce, si tratta anche di telefoni. E non solo: oggi i ragazzi ne fanno un uso molteplice, di questi strumenti, un uso ovviamente non limitato né limitabile a quello didattico. Quindi, in tempi di magra (voluta, indotta e imposta, ahinoi, da una lunga e pessima gestione) ben venga portarsi gli strumenti da casa, ma non é proprio smart trascurare (infischiarsene) di definirne le regole d’uso. Giá, ma che dico.... Spesso gli stessi docenti ritengono che uno smartphone sia solo un telefono che fa anche le fotografie!!!! Mi sembra che la gestione della questione, in linea con i tempi, si dimostri piuttosto smart....


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