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Sangue artificiale e cellule embrionali

Di Deandrade (---.---.---.170) 31 ottobre 2011 03:06

Per quanto io sia in contrasto con la Chiesa Cattolica (C.C.) su molti fronti, concordo con la definizione data nell’articolo: anche secondo me un uomo è definito nel momento successivo all’unione dei gameti, processo che permette la formazione di un nuovo corredo genetico derivante da quello dei genitori. Questa però è puramente una questione di vocabolario, su cui poi tutti devono convenire: in quale momento possiamo dire di trovarci di fronte ad un essere umano? Quali sono le posizioni in merito?

La questione "aristotelica" fra essere in "atto" ed essere in "potenza", sempre la mia modestissima opinione, non regge (sicuramente pensatori ben più abili di me avranno contestato questa rigida separazione fra l’ente presente e quello in divenire, sempre che abbia senso di "presente" in un sistema in cui tutto scorre e si trasforma), nè tantomeno calza con la tesi propugnata dall’autore.

Sempre assumendo per valida la definizione della C.C., potrei enunciare un macabro esempio: qualora degli adulti, sviluppati e nel pieno delle proprie vite, si trovassero nell’assurda situazione di poter sopravvivere solo cibandosi dei propri figli, sarebbe lecito sfruttare tale "materiale biologico" per il proprio sostentamento? Per quanto possa sembrare assurdo e fuori luogo, il paragone è relativamente azzeccato: un uomo può sfruttare un embrione/bambino per la propria esistenza?

Francamente non so rispondere: l’educazione cattolica che purtroppo ha ricevuto e continua a ricevere la maggior parte dei bambini italiani mi impedisce di ragionare in maniera totalmente distaccata. Da un punto di vista concettuale però credo che il caso non sia tanto diverso da quello dello scannare un animale da macello per poi nutrirsene.

E la dignità umana? Be’, ho buone ragioni per credere che in fondo l’uomo non sia nemmeno tanto "degno", ma questo è un altro discorso.


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