Sulla censura: lettera aperta ad AV

par maurizio carena
martedì 6 ottobre 2009

 

I recenti "tagli" operati dal caporedattore di AgoraVox su alcune parti di un articolo (www.agoravox.it/La-liberta-di-stampa-secondo.html) impongono alcune riflessioni che mi auguro possano essere di stimolo a tanti, me per primo.

Innanzitutto fermiamo alcuni punti preliminari.

Per censura, anche se la parola sembra far paura a qualcuno, si intende il controllo della comunicazione da parte di un’autorità.

Tale controllo viene postulato da questa piattaforma di social network sin dalla sua "politica editoriale" dove recita "la redazione non interverra’ sui contenuti dell’articolo senza l’accordo dell’autore" (all’autore dell’articolo portato ad esempio tale accordo non è stato nemmeno proposto, ma non importa, perche’ implicitamente AV si riserva di censurare i pezzi "ante"pubblicazione.

Che poi AV stili una serie di "ragioni" che spingono al rifiuto dell’articolo conferma che la censura (potenzialmente) è prevista e contemplata. Non dobbiamo stupirci quando quindi essa viene anche praticata.

Ciò che vorrei discutere è il modo.

Se tu, Vv, non pubblichi tutto il pezzo mi sta bene, perché la censura è palese e ognuno ha il diritto di darsi le regole che preferisce.

Ma se tu, AV, tagli solo qualche frase, ometti parole qua e la e, soprattutto, lo fai senza dichiararlo CHIARAMENTE, tutto ciò mi ricorda molto la storia di un certo Winston Smith, che tu ben conescerai.

Un modo di procedere nebuloso e arbitrario come quello che, a mio avviso, hai dimostrato, non ti fa onore.

Questo potrebbe essere il giornalismo del futuro, qualcosa di veramente emancipatore ed appassionante, ma non possiamo, non dovremmo, ricalcare pedissequamente le orme dei mainstream, specie quelli del Belpaese.

E qui arriviamo al punto.

Mi si dice che i tagli sono stati operati, dal buon Francesco Raiola, per evitare denunce per "diffamazione".

Ci si uniforma volontariamente a leggi sulla stampa (di matrice fascista), tra le peggiori del mondo occidentale, vecchie di decenni. ridicole, infami, obsolete.

Talmente infami che c’è un ddl (Pecorella /Costa) che vorrebbe estenderle a tutto il web, per poter meglio censurare (tramite la minaccia della querela per "diffamazione") ogni pericolosissimo vagito di pensiero critico, che sta raggiungendo sul web livelli intollerabili per il sistema di potere attuale.

Io non so se chi ha espunto dall’articolo le parti "incriminate" l’ha fatto per paura di tale (psico)reato o semplicemente perche’ pensava che il redattore avesse travalicato il buon gusto.

Penso che tali motivi, in un network libero, non dovrebbero esistere.

Chiunque, su un traker come AV, dovrebbe avere diritto di tribuna, se argomenta con un minimo di buon senso, permettendo anche quelli che potrebbero essere considerati deigli "abusi": essi, purtroppo fanno parte dei "mali" della liberta’ di espressione. Sono il prezzo da pagare.

Io non pretendo, pur non volendolo, di "abusare" della libertà di espressione. Ma essere censurato dal caporedattore (o da chiunque altri) è cosa, a mio avviso, molto più grave.

Mettiamola così: l’abuso (condannabile) è il prezzo della libertà.

Se ogni tanto non si verificano degli "abusi" (ma chi lo stabilisce, poi) se non si cerca di stare sul limite, se non si cerca di provocare, per suscitare il dialogo e la riflessione e il conflitto (delle idee), allora non siamo in presenza di vera liberta’ di espressione.

In altre parole, e qui mi trovo (con rammarico) su posizioni antitetiche ad AV, non è diminuendo le voci (e le parole) che si migliora e si cresce ma solo, al contrario, dando il massimo spazio a tutte le voci e le opinioni. Specialmente, caro Francesco Raiola, a quelle che non ci piacciono, che non sopportiamo, che crediamo "sbagliate".


Quando AV, con le migliori intenzioni, cancella o omette, pratica la censura e si danneggia con le sue stesse azioni. Questo è un fatto, anche se la parola censura può non piacere.

Su altri social network il gestore si guarda bene dall’entrare nel merito dei contenuti. Per questo, credo, tali social network come YouTube, per esempio, sono tra i più seguiti (e censurati dai governi) al mondo.

Con questo modo di procedere forse AV (ma non è detto) si mette al riparo da eventuali azioni legali del regime, ma certo non lavora nel modo migliore per la libertà d’informazione. Anzi.

Credo che una delle battaglie di liberta e di civiltà di un network come AV, che può veramente crescere e contribuire al miglioramento sociale di questo paese, dovrebbe essere quella contro la surrettizia parificazione dell’informazione del web alla carta stampata (legge n62/2001) per non dire del prossimo venturo dl Pecorella ( e Barbareschi, Carlucci etc).

Ci sono sempre state nella storia leggi sbagliate, immorali, contro le quali la coscienza si ribella, sin dai tempi di Antigone.

Le infami leggi italiane sulla stampa che si pretende di applicare al web meritano tale disobbedienza.

E’ solo con tali azioni coraggiose che l’umanita’ e’ progredita ed e’ cosi’ ancora oggi.

Diffamazione e rettifica sul web non dovrebbero esistere.

Tanto bastano pochi minuti per controbattere personalmente qualsiasi opinione su internet.
 
La povertà intellettuale degli ultimi commenti al mio articolo in questione mi ha ricordato quanto scarsa sia la consapevolezza sull’argomento, ma dalla redazione di AV mi aspetterei ben altro approccio.

Spero che tale scritto possa servire ad aprire una breve riflessione tenendo sempre presente che, a differenza del "signor censore", in Italia (e non solo qui) i "reati d’opinione" non sono inquadrati nella legge in maniera definitiva (Minotti) e che "qualsiasi limitazione preventiva della libertà di espressione (da parte del governo) contiene una forte presunzione di incostituzionalità" (New York Times).

Riassumendo:

1 le leggi sulla stampa non dovrebbero essere applicate all’informazione del web. Tantomeno la famigerata "diffamazione"

2 Le piattaforme non dovrebbero avere nessun tipo di responsabilità penale per quanto riguarda ciò che gli utenti esprimono.

3 Se vogliamo una vera libertà di espressione dobbiamo rassegnarci ogni tanto a qualche "abuso". Non piace a nessuno, ma e’ il prezzo da pagare. Non nascondiamoci dietro a un dito.

4 Se proprio AV non vuole fare disobbedienza civile contro leggi infami di un regime stigmatizzato da mezzo mondo che ci guarda con pena e compatimento, che almeno si dichiari, magari con un incipit, che l’articolo è stato censurato o, se la parola non piace, corretto, depurato, normalizzato, regolato, filtrato.

Ecco non si faccia come i governi autoritari che filtrano il web con black list sconosciute ai netizen, che sono cosi’ inconsapevili della censura. Come avviene in Cina, in Tunisia. E anche in Italia....

Ciao, AgoraVox.









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