#no2giugno, perché annullare la parata non serve
par Federico Pignalberi
venerdì 1 giugno 2012
“Annullare la parata del 2 giugno e destinare quei soldi alle popolazioni colpite dal terremoto”, gridano i cittadini indignati. Ma dopo il terremoto gli appalti per le forniture e i servizi per la cerimonia erano già stati assegnati e l'unico vero risparmio sarebbe stato sugli straordinari del personale. Che però non si possono calcolare. Procedure amministrative, cavillosità burocratiche, bilanci complicati e tempi stretti. Ecco perché la macchina del 2 giugno non si può fermare.
La protesta nasce in rete: «Follia sperperare denaro pubblico in questo momento. No alle parate. Sì agli aiuti per le zone terremotate». In meno di un giorno #no2giugno diventa il primo Trending Topic in Italia su Twitter. Partono raccolte firme in diversi siti web e aderiscono migliaia di internauti.
La mobilitazione per chiedere di annullare la parata militare del prossimo due giugno era iniziata da tempo per motivi etici e pacifisti, ma ha accelerato d’improvviso dopo il terremoto di martedì scorso. «Invece di spendere milioni per ricordare la nascita della Repubblica, investiamo per ricostruirla. Ecco il senso del #no2giugno», scrive Marco Menu.
Per capire come stanno davvero le cose, partiamo dai dati ufficiali. Nel 2010 la parata del 2 giugno è costata al Ministero della Difesa 3 milioni 522 mila euro. Nel 2011 la spesa è aumentata di quasi 900 mila euro per la cerimonia in grande per l’occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Quest’anno il ministero ha deciso di dare un taglio alle spese, e ha previsto, sulla base dei costi degli anni passati, che la per la parata di domani verranno spesi tra i 2,6 e i 2,9 milioni di euro, riducendo quasi della metà i mezzi e le truppe che sfileranno. Ma queste cifre non corrispondono alla spesa pubblica complessiva per la cerimonia, perché comprendono solo le spese sostenute dalla Difesa, mentre non si conoscono quelle a carico della Presidenza del Consiglio dei Ministri, della Presidenza della Repubblica e del Comune di Roma. E comunque si tratta solo di stime basate sulle spese degli anni precedenti: quanto si spenderà davvero si saprà solo a parata conclusa.
Spiega ad AgoraVox una fonte del ministero della Difesa: «I militari impegnati nella parata vengono sottratti ad altri compiti, e il lavoro che svolgono nel periodo delle prove e nelle ore della parata rientra nelle nostre 38 ore di lavoro settimanali» . Solo se fosse necessario lavorare più di queste ore «verrebbero retribuiti degli straordinari in busta paga. Ma se questo si renderà necessario e in che misura si potrà saperlo solo dopo la parata. La stessa cosa vale per il personale civile della Difesa impegnato per le celebrazioni».
E se anche fosse stato possibile annullare le spese già previste per la parata, sarebbe stato impossibile riuscire a destinarle all’emergenza emiliana perché non esiste un fondo unico riservato all’evento. «Le spese per la parata – spiega la fonte – sono distribuite nei budget ordinari dei diversi dipartimenti e dei diversi corpi militari. Non esiste una voce di bilancio dedicata».
Quindi sarebbe stato difficile, forse quasi impossibile, riuscire a determinare con esattezza quanti soldi si sarebbero dovuti tagliare a ciascuno di essi per raccogliere la somma destinata alla parata e devolverla alla ricostruzione post-terremoto. Senza contare la difficoltà di determinare, poi, quanto si sarebbe dovuto togliere ai budget singoli dipartimenti e uffici del Comune di Roma e della Presidenza del Consiglio.
Procedure amministrative, cavillosità burocratiche, bilanci complicati e tempi stretti. Così nessuno avrebbe potuto fermare la macchina del 2 giugno nella capitale. Che in queste notti è stata animata da 2584 soldati pronti a sfilare domani. Insieme a dieci bande e più di novanta mezzi militari.