Un problema dei problemi: il deficit pubblico

par Bernardo Aiello
martedì 24 novembre 2009

Atteso che i Ministri dell’attuale governo su questo argomento si stanno fra di loro accapigliando, non si può tacere sul deficit pubblico, vero problema dei problemi.
 
Noi non le conosceremo mai ma, senza di loro, saremmo apatici, indolenti, immotivati, e non staremmo lì ad ammattire, a creare imperi, a costruire strade e canali, e così via. Sono le generazioni successive alla nostra. Ve la immaginate la nostra vita se sapessimo che, dopo la nostra, non vi sarà nessuna altra generazione? E lo stesso vale, all’inverso, per le generazioni passate.
 
E’ il principio dell’eredità, della sopravvivenza nel tempo della specie; un principio che vale sotto diversi aspetti. Ad esempio, oggi abbiamo stoccate da qualche parte le scorie delle centrali termonucleari dismesse in cui i nostri predecessori producevano energia; e, passato di moda il vecchio referendum che portò all’arresto di questa attività, sembrerebbe che stiamo per riprenderla per riscaldare le nostre case, incuranti di lasciare alle generazioni successive lo stesso tipo di eredità debitamente incrementato di volume.
 
In campo finanziario le cose sono ancor più dirette: oggi ogni cittadino del nostro Paese, anche il neonato, ha un debito pubblico pro quota di qualcosa come 30.000 euro. Lo ha perché i suoi predecessori sono vissuti al di sopra delle loro possibilità, spendendo più di quanto avevano. E i nostri Ministri si accapigliano fra di loro per decidere se debba esistere e a quanto dovrà ammontare il debito pubblico che lasceremo alla generazione successiva alla nostra.
 
Stranamente, su questo problema dei problemi, i leader dei due schieramenti tacciono. Ma poi, a pensarci bene, tanto strano non è: anzi, è usuale che i leader si dedichino in maniera quasi clandestina ai problemi dei cittadini.
 
Uno dei risultati di ciò è la guerra tra bande nel governo fra la fazione a favore della spesa pubblica e quella a favore del rigore finanziario. Indipendentemente dalle ragioni dell’una e dell’altra, qualche considerazione può essere fatta.
 
La prima è che, con l’entrata in vigore dell’euro, i nostri debiti sono in moneta pesante, e non nella ballerina lira di un tempo. In sostanza, oggi non è più possibile pagare il debito pubblico mediante l’inflazione a due cifre della Prima Repubblica. E, comunque, quella non era una cosa bella. Tanti ricorderanno il Presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan mettere le mani in tasca, tirar fuori una manciata di spiccioli e spiegare che si era così trasformato un dollaro. Insomma, dobbiamo rassegnarci a pagarli, i nostri debiti. Oppure li lasceremo in eredità alla prossima generazione.
 
La seconda è che non tutte le spese sono eguali; come nel bilancio di ogni famiglia una cosa è la spesa alimentare di prodotti fondamentali come pasta, carne, latte, uova e così via, un’altra cosa è la spesa per un costoso abito firmato. E non è molto proficuo continuare a sperperare denaro in iniziative senza significativo ritorno.
 
La terza è che il livello della nostra spesa pubblica determina sino ad un certo punto lo status attuale della nostra economia: quest’ultima, ormai, ha più di mira il mercato estero che non quello interno. E’ il trionfo del Made in Italy.
 
Giusto o sbagliato che sia, assomigliamo sempre di più ai tedeschi. Non a caso i tassi di incremento delle due economie, dopo la crisi globale, sono praticamente identici. L’asse Roma-Berlino, a lungo vagheggiato da Benito Mussolini in campo politico e militare, si sta oggi attuando automaticamente in campo economico nella produzione manifatturiera per l’esportazione e nel suo valore aggiunto. Con grave smacco della perfida Albione, sconfitta e messa nei guai dal suo troppo far affidamento sulla finanza.
 
Comunque sia, la guerra fra bande di Ministri, significativa peraltro dell’alto grado di partecipazione alla gestione della “cosa pubblica”, dovrebbe, forse, lasciar posto ad un attento studio della volontà dei cittadini sull’eredità finanziaria che vogliono lasciare alle loro generazioni future.

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