Un Paese razzista

par Mario Badino
domenica 10 gennaio 2010

Spranghe e fucili nella main street della nuova città di frontiera, dove i cittadini si fanno giustizieri e vogliono appendere lo straniero al ramo più alto della quercia.


 
Quando le vittime passano per oppressori, magari perché nei disordini è bruciata la macchina di quello che non c’entrava nulla; più probabilmente perché è stata incendiata anche quella di chi con il clima d’odio anti-straniero c’entra eccome (mi riferisco al normale cittadino); quando chi vive e lavora schiavo raccogliendo arance o altra frutta per 20 euro al giorno, pagato o non pagato a seconda dell’umore del suo aguzzino; quando chi non ha cittadinanza né diritti è costretto a dormire in casermoni in disarmo, senz’acqua, senza luce né gas; quando finalmente l’oppresso alza la testa e si ribella, si manifesta, cerca di spezzare gli equilibri criminali nei quali è stato costretto; quando tutto questo accade, si trova sempre qualcuno disposto a ribaltare la realtà, a chiedere la pelle dello schiavo per compiacere il padrone impermalosito.

Oggi in Italia esiste un sistema razzista e schiavista, prepotentemente alimentato dal governo del Paese e dai media, fortemente voluto dai nostri valorosi imprenditori bisognosi di carne da fatica.

Quando per reazione a disordini inevitabili a causa della mancanza di qualsiasi politica d’integrazione i cittadini girano armati di spranghe e fucili per farsi giustizia da soli e il Ministro dell’Interno soffia sul fuoco del linciaggio invece di spegnere l’incendio; quando si parla a sproposito di tolleranza nei confronti della clandestinità (Maroni dovrebbe parlare di FABBRICA della clandestinità, con riferimento alla legge Bossi-Fini, che rende impossibile la regolarizzazione degli immigrati e li costringe ai margini della società); quando tutto questo accade, ogni civiltà, ogni diritto è morto. I cittadini italiani in cerca di linciaggio, non gli immigrati, hanno trasformato le strade di Rosarno nella main street di una città del West.

Trovo sia sempre più urgente mostrare che cosa sia realmente l’immigrazione in Italia (una realtà produttiva e assistenziale, una necessità del Paese), ad esempio con lo sciopero degli stranieri indetto per il primo marzo. Ognun* di noi deve fare tutto quanto è possibile per smascherare il falso assunto immigrazione-delinquenza. Anche perché a Rosarno sono i padani che stanno con la mafia.

Ha scritto molto bene Alessandro Dal Lago sul manifesto del 9 gennaio che addebitare alla «tolleranza» ciò che sta succedendo a Rosarno è «una spudorata violazione del buon senso». «Da un anno e mezzo, il governo [...] smantella i campi nomadi, scheda Rom e Sinti, blocca i migranti in alto mare e li rimanda in Libia, affidati alle cure di quel simpatico difensore dei diritti umani di Gheddafi, il grande amico di Berlusconi. E che dire del pacchetto sicurezza e di quei sindaci della Lega che invitano i cittadini a denunciare i clandestini? E degli innumerevoli gesti di disprezzo e razzismo, della propaganda xenofoba ufficiale e ufficiosa, della persecuzione a ogni livello di chi non ha i documenti in regola e anche di chi ce l’ha? Le condizioni di vita degli stranieri impiegati nell’agricoltura stagionale sono schiavistiche per i vescovi e persino per "Farefuturo". Che si tratti di sovversivi?».

E ancora: «Se tutti i quattrini spesi nella gigantesca bufala della sicurezza fossero stati usati per accogliere e aiutare i lavoratori stranieri (di cui si occupa solo il volontariato), a Rosarno non sarebbe successo nulla». Ma ce n’è anche per l’opposizione, del tutto inadeguata a contrastare l’imbarbarimento in corso nel Paese. «Perché quello che non si è voluto capire, nel centrosinistra degli ultimi vent’anni, è che sui diritti umani fondamentali - che si sia al governo o all’opposizione - si transige solo al prezzo di un’irrimediabile degradazione della vita sociale».

Parole sulle quali meditare con urgenza.


 


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