"Un cavallo da corsa in un mondo senza piste": la storia di Sylvia Plath
par Filippo Cusumano
sabato 16 gennaio 2010
Le vite di due poeti, Sylvia Plath e Ted Hughes. si intrecciarono circa cinquant’anni fa. Si sposarono ed ebbero due figli. Quando la storia finì, Sylvia decise di suicidarsi.
Questa è la storia di questa unione, ancora adesso, a distanza di tanto tempo, oggetto di rivisitazioni ( anche cinematografiche- v. il film del 2003 di Christine Jeffs "Sylvia" con Gwyneth Paltrow e Daniel Craig) e polemiche.
“Presto, presto la carne/ che il severo sepolcro ha divorato/ tornerà al suo posto su di me,/ e sarò una donna sorridente./ Ho 30 trent’anni soltanto./ E come i gatti ho nove volte per morire.
Ted e Sylvia tornano in Inghilterra dove nasce la prima figlia: Frieda Rebecca.
Ma i demoni tornano a visitare Sylvia.
“Ho un buon io che ama i cieli, le colline, le idee, i piatti saporiti, i colori brillanti. Il mio demone vorrebbe ucciderlo”.
Il marito commenterà anni dopo la sua fragilità:
“Sembrava un’invalida, tanto era priva di protezioni interiori”.Nel 1962, dopo un aborto avvenuto l’anno prima, mette alla luce il suo secondogenito, Nicholas Farrar ( anche lui morto per suicidio pochi mesi fa). Ted e Sylvia vivono in una casa di campagna nel Devon. La tensione tra i due arriva a livelli altissimi e giunge al suo culmine quando appare Assia Gutman.
Più vecchia di Sylvia e di Ted (è del 1927) Assia, berlinese ha sposato l poeta canadese David Wevill e con lui si è appena trasferita a Londra dove Assia lavora per un’industria pubblicitaria.
Il caso vuole che Assia e David affittino l’appartamento degli Hughes, in procinto di trasferirsi in campagna.
I due vengono invitati dagli Hughes per un fine settimana nel Devon.
Tra Ted ed Assia scoppia il colpo di fulmine.
Sylvia scopre subito la relazione.
Ecco un brano della poesia ‘Parole sentite, per caso, al telefono’, che descrive il momento dell’amara scoperta ( Assia telefona per parlare con Ted, ma alla risposta di Sylvia, simula una voce maschile così goffamente da farsi scoprire)
Cadono con un plop fangoso.
Oh dio, come farò a pulire il tavolino del telefono?….
….Ora la stanza sibila. Lo strumento
ritira il suo tentacolo.
Ma la poltiglia che ha deposto cola nel mio cuore. È fertile.
Imbuto di sozzura, imbuto di sozzura – ….”
Il grigio inverno inglese aggiunge depressione al dolore per il tradimento del marito.
Nel diario scrive:
Come sogno la primavera! Mi manca la neve americana, che se non altro fa dell’inverno una stagione pulita, eccitante, invece di questi sei mesi di seppellimento tra il tempo umido, la pioggia e il buio: come i sei mesi che Persefone doveva passare con Plutone”.Riprende a scrivere, con ansia febbrile, quasi sempre scegliendo le ore dell’alba in “quell’ora azzurra, silenziosa, quasi eterna che precede il canto del gallo, il grido del bambino, la musica tintinnante del lattaio che posa le bottiglie”.
Il dolore è quasi insopportabile, come quasi insopportabile è la bellezza delle poesie che scrive in questo periodo.
Uno stato di grazia che ancora una volta per lei rappresenta una specie di ritorno alla via.
Scrive ad un’amica:
Roba incredibile, era come se la vita da casalinga mi avesse soffocata. Sentivo come un tappo in gola. Ora che la mia vita domestica è nel caos, faccio vita spartana, scrivo con addosso la febbre alta e tiro fuori cose che avevo chiuse dentro da anni, mi sento sbalordita e molto fortunata”.Rivedendola a distanza di tempo dalla separazione, Ted è colpito dalla sua disperata lucidità. Leggendo le sue ultime poesie trova conferma di questa impressione. Scrive: ”Sylvia è il poeta sciamano. In poesia penetra fino a profondità riservate in passato ai sacerdoti dell’estasi, agli sciamani, ai santoni”.
Le ultime poesie hanno toni funesti. La morte compare continuamente come un appuntamento difficilmente eludibile, come un richiamo al quale è impossibile sottrarsi.
Ecco come chiude la poesia Specchio:
Su me si china una donna
cercando in me di scoprire quella che lei è realmente.
Poi a quelle bugiarde si volta: alle candele o alla luna.
Io vedo la sua schiena e la rifletto fedelmente.
Me ne ripaga con lacrime e un agitare di mani.
Sono importante per lei. Anche lei viene e va.
Ogni mattina il suo viso si alterna all’oscurità.
In me lei ha annegato una ragazza, da me gli sorge incontro
giorno dopo giorno una vecchia, pesce mostruoso.
Nel 1963 decide di tornare a Londra, non ce la fa più a tollerare l’isolamento in campagna.
E’ l’ultima stagione creativa: pubblica, con lo pseudonimo di Victoria Luca “The Bell Jar” (La campana di vetro).
E’ la storia, scopertamente autobiografica, di Esther, diciannovenne di provincia, che si avventura in una grande città dopo aver vinto un soggiorno offerto da una rivista di moda. Intorno a lei, come una campana di vetro, una specie di involucro soffocante che le toglie l’aria e soffoca ogni sua capacità di reazione l’America spietata degli anni ’50, ipocrita, maccartista e ottusamente benpensante che la fa sentire “come un cavallo da corsa in un mondo senza piste”.
L’uscita del romanzo sembra l’avvio di una nuova rinascita:
“Vivere separata da Ted è meraviglioso, non sono più nella sua ombra ed è fantastico essere apprezzata per me stessa e sapere quello che voglio. Magari chiederò anche in prestito un tavolo per il mio appartamento all’amica di Ted… I miei bambini e scrivere sono la mia vita, e che loro si godano pure le loro storie d’amore e i loro party, pfui!”Prende molti antidepressivi e continua a perdere peso, con grande preoccupazione del suo medico, dottor Horder.
Scrive alla madre: “Adesso vedo com’è tutto definitivo, ed essere catapultata dalla felicità mucchesca della maternità nella solitudine e nei problemi non è certo allegro”.
Fa progetti di vita e di lavoro : “Adesso i bambini hanno più che mai bisogno di me e per i prossimi due o tre anni andrò avanti a scrivere la mattina, a passare con loro il pomeriggio e vedere amici o studiare e leggere di sera”.
Un mattino si alza all’alba, come al solito, porta la colazione (pane e latte) nella stanza dei figli, spalanca la finestra della loro camera e sigilla le fessure della porta con nastro adesivo ed un asciugamano.
Poi va in cucina, sigilla meticolosamente tutte le fessure, poi infila la testa nel forno e accende il gas.
Un solo un breve messaggio “Per favore, chiamate il signor Horder”.