Tiscali e i ricavi della politica

par Phastidio
lunedì 9 marzo 2009

Questa mattina Tiscali è stata sospesa dalle contrattazioni sulla borsa italiana dopo aver comunicato l’interruzione del servizio del debito (in soldoni, il default) e dei colloqui con BSkyB per la cessione della propria controllata britannica, motivandole col peggioramento della congiuntura globale. Da inizio 2009 le azioni di Tiscali hanno perso il 77 per cento. La compagnia, dalla fondazione, non ha mai chiuso in utile un esercizio. Le banche hanno ritirato tutte le linee di credito, e gli analisti stimano che la società sia ormai priva di liquidità. A fine 2008 la compagnia aveva finanziamenti a lungo termine per complessivi 500 milioni di euro, erogati da consorzi di banche guidati da Unicredit ed Intesa Sanpaolo, e le prossima scadenze per il pagamento di interessi sono previste per l’11 e 13 marzo.


Tiscali ha rinviato al 27 marzo l’approvazione dei risultati di bilancio per avere visibilità sui conti all’inizio di nuovi negoziati con le banche. Fatturato di un miliardo di euro e Ebitda di 200 milioni sono del tutto insufficienti per consentire la sopravvivenza di una società che è ormai priva di massa critica per competere in uno scenario di recessione globale dal quale usciremo con un forte aumento di concentrazioni settoriali e riduzione di capacità, attraverso fallimenti.

Gli analisti di Banca Leonardo hanno tagliato il giudizio su Tiscali da underweight a sell, con prezzo-obiettivo a 0,1 euro. Anche Citigroup mantiene la raccomandazione a vendere.

Colpisce questo crollo verticale dell’”impero” dell’uomo che ambiva a porsi come leader nazionale del Pd, al termine di una strategia sapientemente orchestrata, passata attraverso l’acquisizione de l’Unità, ora anch’essa subitaneamente esplosa in faccia al suo acquirente. Per chi ci crede, ovviamente. L’Unità, come molte altre imprese editoriali italiane e non solo, è una passività e non un investimento. Almeno sul piano strettamente contabile. Se fossimo malevoli potremmo ipotizzare che Soru pensasse di risolvere tutti i suoi problemi divenendo governatore della Sardegna, in attesa di spiccare il volo verso Palazzo Chigi, ma non avendo riscontri di alcun genere, preferiamo non pensarlo. Certo, ad ogni imprenditore può capitare un rovescio, ma qui stiamo parlando di un’azienda da molti anni in continua ristrutturazione, l’ultima vestigia dell’era delle dot-com che non sono riuscite a trasformarsi in utilities o almeno a vendersi al miglior offerente, come fatto da Fastweb con Swisscom.

Roundup da chi sa dirlo meglio di noi:


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