Primo capitalismo, forme di dominio attuali e riformismo

par materialeresistente
martedì 22 dicembre 2009

Con un mondo che realizza forme di "dominio" economico trasnazionali qual è il destino del riformismo e della socialdemocrazia?

Con la prima organizzazione dell’agricoltura in lotti di produzione, con la recinzione dei campi e la loro privatizzazione (XVII e XVIII secolo), inizia l’invasione delle città, in Inghilterra, da parte di una massa di persone in cerca di nuova occupazione. Quando non la trovano si arrangiano. Nascono nuovi mestieri ai limiti della legalità (giochi di prestigio, giochi d’azzardo e suonatori di organetti) e molte palesemente illegali. All’epoca mancavano le automobili e, quindi, il fenomeno dei lavavetri era di là da venire. Aumentò il disagio sociale e crebbe la microcriminalità. Anche in quel caso la reazione dell’autorità costituita fu quella della repressione violenta. Anche reati marginali (come il furto di un portafoglio) furono puniti con l’impiccagione. La società aveva bisogno del gesto esemplare per provare a gestire nuovi fenomeni a cui non era preparata.
A.Koestler, Reflections on Hanging (1956).

Questa forma di reazione era conseguente al consolidamento del primo capitalismo. Seguirono altre stagioni e una massa organizzata di operai e persone costrinse questo magmatico flusso di energie e di situazioni esplosive e contraddittorie a trovare punti di mediazione nel riconoscimento di forme di assistenza che garantissero gli individui, imbrigliassero gli effetti negativi del "capitalismo libero da vincoli", distribuendo un po’ di quanto l’accumulazione del capitale aveva prodotto in termini di ricchezza disponibile. Quelle cose sono costate faticose lotte, sangue e morti. Ora siamo di nuovo davanti al profilarsi di quel periodo in cui un capitalismo, sempre più aggressivo, non è disponibile a riconoscere parte del suo profitto alla società ed alla sua parte più debole.

I socialdemocratici (o i cosiddetti riformisti da noi) sono, nei fatti, convertiti ad un pensiero unico che necessita di pochi vincoli nella gestione delle risorse e dei fattori di produzione. La cultura del welfare viene descritta come elemento negativo, buono soltanto ad imbrigliare la creatività e la naturale inclinazione degli individui a rischiare. Negli USA uno dei progetti dell’amministrazione Clinton fu quello di far uscire dall’assistenza milioni di persone per trovare loro una collocazione nel mondo del lavoro. Questo obiettivo fu raggiunto al costo di una flessione totale dei salari di quanti facevano parte dei settori in cui queste persone furono distribuite (facchinaggio, pulizie,ristorazione etc.). L’esercito di riserva (quello dei disoccupati) aveva in questo modo assolto una delle sue funzioni. Abbassare i salari reali, aumentare la competizione tra poveri e la flessibilità ed aumentare il profitto.

I costi di coesione sociale del liberismo vengono espressi dalle statistiche che guardano ai comportamenti delle persone ed ai loro orientamenti. Nel libro di Robert Putnam (Capitale sociale ed individualismo), l’autore analizza gli effetti dell’atomizzazione della società americana. I dati che analizza sono i più diversi ed eterogenei:

 adesioni alle associazioni di volontariato,

 numero di volte in cui si invitano gli amici a cena,

 andamento delle elezioni e partecipazione.
Insieme a molti altri indici, questi declinano, inesorabilmente, verso il basso e danno l’immagine di un tessuto sociale in cui si afferma sicuramente l’individuo, ma l’individuo solo e privo di rapporti (sociali) solidi.

Altri fattori come la crescita della criminalità, dei divorzi, delle nascite fuori dal matrimonio sono cresciuti a dismisura dopo la metà degli anni ottanta, al contrario del tasso di fertilità che, inesorabilmente, misura la tendenza a non fare figli ed all’invecchiamento della popolazione. Questi dati, complessi, sono abbastanza omogenei nel mondo occidentale, Europa e Stati Uniti.

Quella che si forma, in prospettiva, è una struttura di capitalismo globale che ha superato i confini di stati e nazioni e che ridisegna rapporti sociali e distribuzione delle risorse secondo le sue logiche e le sue esigenze. La mediazione dei partiti politici tradizionali e dei sindacati guarda sempre più a questi fenomeni in modo ineluttabile e, cogliendo l’occasione, offre uno scambio di rendita creando i presupposti "legali" affinché ciò avvenga. Questa è la sconfitta strategica della socialdemocrazia, non riuscire più a trovare punti di mediazione perché il contenitore all’interno del quale questo avveniva viene superato da nuove istituzioni e da nuovi rapporti. Se l’esperienza dei paesi socialisti si è consumata nel mancare le occasioni storiche date a partire degli anni ’20, quella della socialdemocrazia spirerà per consunzione.

Rimane un modo "antagonista" e radicale di costruire il tessuto di lotte e di consenso. Ripartendo proprio da quelle letture che descrivevano il primo capitalismo. Queste non sono superate e sono le uniche che sanno proiettare fino ad oggi una struttura di pensiero coerente, dei fenomeni che venivano descritti e studiati, con quanto avviene.
 
Rimane la questione di come costruire questo fronte e renderlo solido e visibile. Toni Negri guarda alla moltitudine ed alla figura del militante che così descrive "Un prototipo di questa figura rivoluzionaria è il militante agitatore degli industrial Workers of the World. I Wobbly diedero vita ad associazioni di lavoratori costruite dal basso attraverso continue agitazioni e, con questa forma di organizzazione, costituirono un pensiero utopico ed una conoscenza rivoluzionaria".

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