Militari italiani in Kosovo: ridimensionamento sensato o frasi ad effetto?

par Raffaele Coniglio
lunedì 30 novembre 2009

In Kosovo sono presenti circa 14.000 soldati della Kfor (Kosovo Force), dei quali 1.935 sono italiani. Cifre molto alte se paragonate al contesto in cui operano. Di recente anche il Ministero della Difesa pare se ne sia accorto. Non si conoscono ancora i dettagli, ma sembra imminente un ridimensionamento dei nostri soldati. La notizia, se confermata, sarebbe un ottimo risultato in quanto chiude anni di sprechi di risorse che avrebbero potuto servire più direttamente alle popolazioni locali. Ovviamente i Generali di turno, ancorati più dei politici nostrani alle poltrone, sembrano non gradire e, come il Generale Roberto D’Alessandro, al vertice della Multinational Task Force West, si lasciano andare a dichiarazioni che creano scompiglio tra la minoranza serba del Kosovo.
 
Stando all’articolo del 25 novembre "In Kosovo è allarme per i monasteri", comparso su Il Manifesto, il Generale D’Alessandro ha dichiarato: "Oggi i nostri militari ridurranno i presidi a Decani e al patriarcato di Pec". Così posta l’affermazione pare essere pretestuosa, utile solo a creare panico tra la popolazione serbo-ortodossa che riceve l’indispensabile supporto dei nostri soldati. Se è vero che la situazione in Kosovo non è più paragonabile a quella di qualche anno fa, non si può dire che si sia normalizzata e luoghi come quelli che controlla la Kfor italiana (Patriarcato di Pec e Monastero di Decani) sono di inestimabile valore storico e religioso e, quindi, altamente sensibili.
 
Se l’intento del Generale era quello di servirsi delle giuste preoccupazioni dei monaci ortodossi e di conseguenza della popolazione serba del Kosovo per far giungere in Italia il messaggio della loro assoluta necessità in quei luoghi, l’annuncio centra pienamente il bersaglio. Nella patria della confusione, dei misteri, dell’allarmismo e del "tutto vero, tutto falso", azioni come quelle del Generale D’Alessandro seguono fedelmente questa logica. Peró, circa 2.000 soldati sono tantissimi, soprattutto se la maggior parte di loro vive e bivacca all’interno della base militare (Villaggio Italia). E’ auspicabile la riduzione di almeno un terzo del contingente (600 soldati) in modo da rappresentare ancora una significativa presenza in loco, capace di proteggere, soprattutto, i siti religiosi e storici del patrimonio serbo-ortodosso. Ricordiamo che le inefficienti e inoperose giornate dei soldati sono quelle che passano dentro il Villaggio Italia, non certo quelle spese a pattugliare i luoghi di culto e a salvaguardare la popolazione serba da possibili atti di violenza. Le dichiarazioni del Generale, come prevedibile, hanno preoccupato i monaci di Decani e non solo. Abbiamo sentito le preoccupazioni e accolto l’appello di Sanda Raškovic-Ivic, ambasciatrice della Serbia in Italia.
 

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