La riflessione di un uomo comune. "Un altro Castro, la stessa Italia"

par morias
lunedì 7 dicembre 2009

Quale condizione è necessaria affinchè il nostro Paese si liberi dalla schiavitù dell’immobilismo politico, che trascina con sé un’intera popolazione?

Una riflessione contraddittoria della nostra realtà.

Mentre in Italia mi sono trovato a scrivere, approfittando dell’ospitalità di Agoravox, di faccende che interessavano la nostra classe politica, preoccupata del proprio personale profitto, senza pudore e a discapito delle classi meno abbienti, nel mezzo, ho vissuto anche la quotidianità dell’uomo comune, che lavora, che pensa, che riflette, e allo stesso tempo vive, a modo suo, ma vive. 
 
Mi è venuto spontaneo fare una riflessione che riguardi non solo il nostro Paese, ma anche il contesto internazionale in cui il nostro Paese è inserito.
 
HRW (Human Rights Watch), l’organizzazione internazionale, e americana, per la tutela dei diritti dell’uomo, ha pubblicato un dossier il 18 novembre scorso, dal titolo "Un altro Castro, la stessa Cuba"  nel quale si analizza la situazione interna cubana, di cui nessuno si occupa.
 
Il dossier tratta della libertà di pensiero, di stampa, di espressione, in poche parole tratta di Libertà.
 
Queste Libertà sono strettamente controllate dal regime castrista, con disposizioni normative e Costituzionali che portano sinanche al preventivo arresto per coloro che sono sospettati di opporsi al modello socialista, anche senza prove che le persone arrestate fossero realmente intenzionate a commettere un reato.
 
La lettura di questo dossier mi rimanda alla manifestazione che si è tenuta sabato a Roma.
 
Una parte del popolo di internet che si mette insieme per opporsi.
 
Opporsi alla nostra attuale classe politica, opporsi alla Casta mediatica che invade la nostra vita, opporsi alla disgregazione del Paese in provincialismi, in campanilismi, opporsi al mero "consumo" e al dio "mercato". 
 
Opporsi, ma, in un certo qual modo, avere anche la voglia di dire "Io ci sono".
 
Il popolo di internet, da solo, ha dimostrato di non avere bisogno di appartenere ad una determinata parte politica per esprimere il dissenso.
 
Il dissenso nei confronti di chi attacca giorno dopo giorno i vertici Costituzionali, il dissenso nei confronti delle leggi "ad personam" per salvaguardare l’interesse giudiziario degli avvocati del nostro Presidente del Consiglio.
 
Gli stessi avvocati-parlamentari ispiratori del Lodo Alfano, del Lodo Schifani, della separazione delle carriere all’interno della magistratura per assoggettare i pm al potere esecutivo, al governo, a "questo governo".
 
Gli stessi avvocati-parlamentari che accorciano i tempi della prescrizione, e lo chiamano "Processo breve", per tutelarne i cittadini dalla "irragionevole durata".
 
Internet ha dato la possibilità a molti di organizzare all’interno di una società che pensa, che si confronta, che si informa, come quella del web, un gruppo di dissidenti che hanno manifestato liberamente nella Capitale, agli occhi di quella stessa classe politica che vuole rigettare.
 
Questo gruppo si è compattato e ha detto "Io ci sono", anche se non sono presente in televisione "Io ci sono", anche se le telecamere della Rai non ci sono per la diretta televisiva "Io ci sono, ci sono sul web".
 
E allora il popolo dei dissidenti si ingrossa, perchè ci sono quelli che non c’erano fisicamente a Roma a manifestare.
 
Ci sono le persone di buon senso che capiscono, si informano raccogliendo informazioni che divulgano rapidamente, confrontandosi, ma anche scontrandosi duramente.
 
Allora io mi chiedo, "ma a Cuba avrei potuto manifestare così apertamente il mio pensiero? Avrei potuto liberamente, insieme ad altri, scendere in piazza a chiedere le dimissioni del Presidente del Consiglio? Avrei potuto alzare striscioni sui quali era raffigurata la figura del Presidente del Consiglio in manette?"
 
"E’ ovvio - pensa l’uomo comune - quì noi siamo liberi perché possiamo fare l’attore, la velina, possiamo diventare famosi con il ’Grande Fratello’, partecipiamo ai giochi e ai quiz del pomeriggio e ci rimbambiamo con la politica notturna di Vespa. E’ ovvio, siamo liberi, siamo liberi dai comunisti, siamo liberi dallo Stato di diritto. Siamo liberi di farci sfruttare, di farci avvelenare, di farci estorcere denaro dallo Stato e dalla Mafia in un colpo solo".
 
A manifestare, sabato, c’era quell’uomo comune che inizia a mettere insieme i pezzi, che inizia a mettere in fila le notizie e a raccontarle, secondo una logica politica che avvicina il nostro Paese ad uno Stato simile a quello cubano o a quello russo, o bielorusso.
 
La politica internazionale del governo guidato da Silvio Berlusconi ci ha fatto passare da un paese filo-americano, a filo-russo, filo-cinese, filo-bielorusso.
 
In Europa Silvio Berlusconi è l’unico leader a intessere rapporti stretti con quelli che gli Usa considerano ancora suoi nemici, a cominciare da Geddafi.
 
In Italia ancora reggono delle istituzioni che intravedono il pericolo, ma devono essere in grado di incassare il colpo di una deriva autoritaria che si concretizzi nella piena immunità del capo del governo.
 
Si è provveduto a salvaguardare gli interessi del Cavaliere per via normativa ordinaria, con la depenalizzazione del falso in bilancio, con l’accorciamento dei termini di prescrizione, con la ex-Cirielli, si sono fatte delle leggi per bloccare determinati processi, si è fatto l’indulto. E’ incredibile l’elenco delle norme che sono state coniate apposta per supportare il Presidente del Consiglio nella guerra contro le Procure
 
Si è tentato anche di abrogare di fatto l’articolo 3 della Costituzione che sancisce l’uguaglianza davanti alla legge, di "Tutti".
 
La Mafia non va in prescrizione, coloro che si sporcano del reato di mafia sono sempre perseguibili, a meno che non cambino le leggi
 
"Mai dare niente per scontato!"
 
Per consolidarsi un "Regime" deve sempre trovarsi prima uno spazio, una piccola falla nell’assetto costituzionale dalla quale far passare il germe dell’infezione.
 
Il popolo che ha manifestato si è reso conto del pericolo.

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