La generazione disoccupata

par Gloria Esposito
giovedì 5 novembre 2009

L’Unione Europea ha visto al rialzo la previsione del PIL, a – 4.7% invece di – 5%. Tutti i giornali hanno dato questa notizia, come se invece di una stima si trattasse della soluzione alla crisi. Ma così non è.
 
Se si esce per strada e si chiede ai giovani che ne pensano di quello che li aspetta, la risposta sarà: il nulla. Questa generazione di laureandi e neolaureati troverà di fronte a sé il terrore di scoprire che non basta “essere bravi, buoni e disciplinati” come ci hanno ripetuto per anni in famiglia, nella scuola e forse all’università. La realtà è che semplicemente non c’è posto per noi. E mai senso fu più letterale. Non basta un curriculum, non bastano le competenze (come forse mai in questa Italia sono state sufficienti e necessarie) e non so fino a che punto, a questo livello di degrado e di mancanza di dignità, siano sufficienti le solite raccomandazioni per chi ha santi in paradiso.

Qualche giorno fa discutevo con un amico, Giorgio, 22 anni, che frequenta con passione il quarto anno di Giurisprudenza e che mi ha aperto gli occhi: “Sto mettendo da parte ogni risparmio per potermi un giorno permettere di andare all’estero: non posso stare in questo paese che è sempre moribondo e non muore mai. Preferisco andarmene, salvare il salvabile, i miei affetti e poi tornare, semmai vi saranno le condizioni per ricostruire questo paese daccapo”. Avrei voluto ribattergli qualcosa, ma le parole mi si sono strozzate in gola e ho pensato per un attimo, un attimo fatale direi: “Ma si! Questo sistema lasciamolo morire: andiamocene tutti, noi giovani, tutti, lasciamo la camorra, la politica, i disonesti, i vigliacchi, i farabutti, i furbi e gli ottusi, che si scannino tra loro! E poi ricostruiamo il nostro paese da zero”.
 
A prima vista sembra un ragionamento da vili qualunquisti, ma così non è. Questo paese è il paese dei disonesti, dei furbi, dei corruttori, dei puttanieri, degli arraffoni o, come ha detto Giorgio usando un gergo più elegante, “è il paese dove gli interessi particolari prevalgono sistematicamente su quelli generali”.
 
Mi farebbe ridere quasi la realtà, se non fosse così desolante: tra qualche anno di nulla, potrei anche ritrovarmi a dire “beati i precari, almeno un posto ce l’hanno!”.
Questo sistema vuole la guerra tra i poveri? Ebbene, anche quest’ultima soddisfazione non la daremo a chi non solo ci ha tolto il futuro, ma soprattutto il diritto a vivere con civiltà.

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