La fame nel mondo

par Francesco
martedì 17 novembre 2009

Ieri a Roma è iniziato il vertice della FAO, l’organizzazione Onu che ha la propria sede internazionale in Italia e che si occupa di alimentazione e agricoltura nel mondo. Assenti quasi tutti i leader dei paesi ricchi, cioè le nazioni che dovrebbero dare risorse finanziarie alla Fao per combattere la fame nel mondo. Assenti per imbarazzo, a parte il nostro premier che doveva essere comunque presente in quanto leader del paese ospitante, e anche perché notoriamente immunealla vergogna.

Con la scusa della crisi infatti i paesi ricchi che avevano promesso 44 miliardi di dollari l’anno ne daranno solo 20 in tre anni, l’unico risultato ottenuto dal G8 dell’Aquila e in Italia sbandierato come un enorme successo diplomatico di Berlusconi dalle tv di regime. In realtà si tratta di molto meno di quello che era stato promesso, soltanto il 15% dei 132 miliardi in tre anni che secondo la Fao sarebbero il minimo indispensabile per evitare la morte per fame di un numero enorme di persone. 

Le persone che rischiano di morire per mancanza di cibo, e spesso anche di acqua potabile, sono almeno un miliardo nel mondo. Circa 6 milioni di bambini moriranno di fame quest’anno, ha fatto notare il segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon, ma tutte le belle parole del vertice e persino lo sciopero della fame del direttore generale Jacques Diouf per chiedere più fondi probabilmente non serviranno a niente. Non è soltanto colpa della crisi. La fame nel mondo è direttamente collegata alle speculazioni nel mercato alimentare. 

Già ben prima della crisi una speculazione nella borsa americana e in parte anche l’utilizzo di risorse agricole per i biocarburanti invece che per il cibo aveva causato una penuria di cereali in Africa e in Asiaprovocando rivolte e ovviamente moltissime vittime. E’ così che funziona il nostro mondo: alcuni ricchi manager spostano denaro di qua e di là e in Africa migliaia di bambini muoiono perché non hanno nulla da mangiare. Il problema può sembrare complesso e irrisolvibile ma non è affatto così. 

Il mondo è già in grado di produrre abbastanza cibo per sfamare tutti, ma i suoi meccanismi economici creano artificialmente scarsità in alcuni luoghi e abbondanza in altri. Il mondo ricco innanzitutto spreca una quantità indecente di acqua e agricoltura per nutrire il bestiame e permettere alla sua popolazione di mangiare carne anche due volte al giorno. Un’abitudine assurda che i nostri nonni non avrebbero mai preso in considerazione e che non potrebbe mai essere sostenibile per tutto il mondo. 

I paesi poveri invece spesso non hanno sufficienti risorse alimentari perché gran parte del loro territorio è occupato da monocolture, figlie del colonialismo e vendute ai paesi ricchi per un tozzo di pane. I prezzi dei generi alimentari vengono manovrati dalle capitali finanziarie dell’occidente per ragioni puramente speculative. Cosa importa se far scendere il prezzo del cacao significa impoverire migliaia di agricoltori nei paesi in via di sviluppo? Che importa se abbassare i prezzi delle banane in Europa significa che i coltivatori africani e sudamericani non avranno abbastanza denaro per nutrire le loro famiglie? Ovviamente aiuterebbe anche limitare l’esplosione demografica nei paesi in via di sviluppo, favorita in parte dall’ostruzionismo delle religioni mondiali contro gli anticoncezionali, ma la questione non è così semplice. Per chi è così povero da possedere soltanto il proprio corpo un certo numero di figli costituisce una ricchezza in forza lavoro che diventa poi un problema in periodi di scarsità alimentare. E non è una questione da poco anche l’enorme quantità di sussidi che i paesi ricchi danno ai propri agricoltori, rendendo di fatto i paesi poveri incapaci di competere equamente. Per non parlare del vasto capitolo del "commercio diseguale": vendere ai paesi in via di sviluppo armi e prodotti tecnologici che loro non producono per farli pagare carissimi con prodotti agricoli e debiti che finiscono per strangolare intere nazioni. La fame nel mondo insomma non è figlia di un mercato libero, ma è la conseguenza di un mercato regolato in favore dei ricchi e a danno dei poveri. O per evitare eufemismi, la conseguenza di una serie di vergognosi imbrogli dei ricchi a danno dei poveri. 

Quei 44 miliardi all’anno che vengono fatti passare dall’occidente come una generosa donazione sono in realtà un minimo risarcimento per la sistematica economia di rapina praticata dai paesi ricchi contro il resto del mondo. Ma ora anche quelli sembrano troppi, e quindi ne daremo soltanto 20 in tre anni, forse. In fondo se 17.000 bambini poveri devono morire ogni giorno perché noi possiamo avere tavole lussuose e pasticcini fino a crepare d’infarto e obesità, che problema c’è?

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