La diga di Ilisu: lo scempio del Governo Turco

par Dino Brancia
martedì 30 giugno 2009

Unica nota positiva, le proteste degli ultimi anni contro questa cattedrale nel deserto che hanno causato il progressivo ritiro di importanti finanziatori stranieri.

Il Governo Turco si è dato una scadenza per portare avanti i lavori di costruzione della contestata diga di Ilisu, nella cittadina di HASANKEYF, nel sudest del Paese, nonostante le manifestazioni, la mobilitazione del premio Nobel per la letteratura Orhan Pamuk, di personaggi di spicco dello spettacolo, dei rappresentanti del popolo kurdo, delle associazioni ambientaliste di mezza Europa ed il graduale ritiro dei finanziatori internazionali. La Turchia ha deciso che ricorrerà alle proprie risorse per realizzare questa imponente struttura che, in nome del progresso, comporterà l’allontanamento di circa 78mila persone, la maggioranza di etnia kurda. Il popolo kurdo, appunto, continuamente martoriato, che torna a subire, ancora una volta, l’umiliazione della deportazione di massa ed il conseguente allontanamento dalle radici della propria storia. Sotto questi 300 chilometri quadrati di diga, infatti, verrebbero seppelliti i 283 siti archeologici, con 12 mila anni di storia, che raccontano la cultura dell’etnia kurda e dell’uomo. In questi siti, è collocato un intero patrimonio che racconta di antiche civiltà: Assiri, Parti, Romani, Bizantini,Sassanidi, Arabi, Ottomani. Di fronte alla salvaguardia della cultura, patrimonio dell’umanità, non possono e non devono esistere distruzioni in nome del benessere, del progresso e degli investimenti.

Dopo tutto lo scempio descritto, si deve aggiungere anche l’aumento di tensioni con la Siria e l’Iraq, per quanto riguarda lo sfruttamento delle acque di Tigri ed Eufrate. 


Tutto questo accade nell’indifferenza dei media italiani, cui è rimasto solo il compito di spostare voti da uno schieramento all’altro, nelle tornate elettorali.

Sarebbe opportuno che i media portassero a conoscenza l’opinione pubblica di queste scelte politiche che, in nome del progresso e al costo della persecuzione di un intero popolo, distruggono siti archeologici, cancellano la storia dell’umanità e distruggono il patrimonio culturale che appartiene a tutti noi.

Unica nota positiva, le proteste degli ultimi anni contro questa cattedrale nel deserto che hanno causato il progressivo ritiro di importanti finanziatori stranieri.


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