La crisi non esiste. Tutta psicologia. Il caso Answers

par Riciard
giovedì 12 novembre 2009

Le storie della crisi del call center fanno parte di un dramma collettivo che affligge tutto il territorio. "AllâAnswers lavoriamo io, mia mamma e il mio ragazzo - ha raccontato Cristiana Pastorello di Cireglio - Viviamo tutti e tre sotto lo stesso tetto e con questi stipendi che non arrivano non sappiamo più come pagare affitto e bollette". "Io vivo da sola con il mio bambino di sei anni, non so più come campare - ha inveito unâaltra lavoratrice - questo è il vero disagio". "Hai bisogno di un finanziamento anche solo di mille euro? Appena sanno che lavori allâAnswers ti dicono di no", ha testimoniato unâaltra donna. (fonte La Nazione)

Il lavoro rende liberi, sosteneva Hegel. E lo sosteneva a fronte del semplicissimo e condivisibile fatto che un uomo che lavora impara una abilità sconosciuta al "padrone", che si limita a sfruttare il prodotto finito.
 
La nostra società è fondata sul lavoro, ed è molto semplice scrivere il perchè uno stato deve essere in prima linea a fronteggiare una crisi, che sia su scala globale o particolare: lo stato stesso è fatto di persone, regge la propria economia sulla capacità di acquisto del singolo lavoratore, non sui megaprofitti dei titolari e titolati.
 
Succede, invece, tutto il contrario.
Succede che giorno dopo giorno chiudono il bandone artigiani, piccole imprese, ditte familiari, tutte storie e strade senza sfondo.
 
Succede che iniziano a dichiarare la crisi grandi gruppi, approfittando del piano statale per riempire le casse e diminuire il personale. Succede in altri casi che una ditta a cui non manca il lavoro, e che proprio non ne vuole sapere di dichiarare la crisi, faccia finta di difendere le proprie strutture con le unghie, scordandosi di pagare i dipendenti.
 
I lavoratori di Answers Pistoia, come i colleghi dei call center affiliati al gruppo Omega, da numerosi mesi ricevono lo stipendio con fortissimi ritardi, immotivati, secondo un modus operandi che ha dell’insolito, che ha il sapore della mancanza di pianificazione.
 
L’azienda sembra agire senza criterio, o comunque con un piano non bene precisato, lasciando in preda allo sconforto i propri dipendenti, cacciandoli nel tunnel della mancanza di speranza e di futuro.
 
 
Pistoia, 27 ottobre 2009 - Seduta in sala Maggiore, Giovanna Prinzivalli si guarda i piedi e sbotta: "Guardate! Ho le scarpe bucate e mi mancano i soldi per comprarne di nuove... Anche dieci euro ci sembrano tante, oramai. Ma come si fa ad andare avanti così?". La rabbia dell’Answers riesplode con l’invasione pacifica del Palazzo comunale. Dove c’è chi racconta che per sopravvivere è stata costretta a vendere anelli e catenine d’oro, e chi spiega in lacrime che tutta la sua famiglia rischia di finire in mezzo a una strada. (fonte La Nazione)
 
Le proteste si sono susseguite fino ad oggi, entrando nel vivo di numerosi cortei ed incontri, con le autorità della provincia, della regione e ministeriali (con le quali la dirigenza della società, però, non si è presentata), e proprio da oggi, a seguito del silenzio in risposta alle pressanti domande dei lavoratori alla dirigenza, è incominciata la simbolica occupazione della sede di Pistoia.
 
A chi si chiede a cosa possa servire l’occupazione di uno stabile, ho poche risposte da dare. Rispondo che l’Italia è basata, sì, sul lavoro, ma su di un tipo di economia capitalista, che prevede la libera impresa, e che quindi, qualsiasi autorità può fare finta di avere le mani legate davanti alla tragedia di migliaia di persone senza lavoro.
 
Rispondo che le aziende, in Italia, sono libere di farsi intorno terra bruciata, seminare sale sul selciato affinchè non cresca più niente, spesso tra le urla di disperazione, e tuttavia con la saccoccia piena.
 
Rispondo che in questa terra di nessuno un uomo, una donna, che ha voglia di lavorare e si trova senza un impiego, con tutta la difficoltà di respingere gli assalti delle bollette, degli affitti e del costo della vita in generale, qualcosa deve pur fare.
 
Rispondo che se davvero l’Italia fosse un sistema fondato sul lavoro, non sarebbe permesso a persone note di andare a spasso per la penisola affondando una dopo l’altra le imprese appena acquistate, tagliando gli stipendi, portando depressione e disoccupazione.
 
Qui, credo davvero che lo stato potrebbe fare qualcosa.
 
Entrando un poco nel dettaglio, i vertici della società Omega, ovvero la stessa che ha comprato Answers ed altre aziende di call center, fanno capo alla persona di Liori, già conosciuta per la vicenda Eutelia - Agile (in due parole si tratta della ex Olivetti, e quindi di persone di alta professionalità informatica, alle quali è stato negato uno stipendio in tempistiche regolari per mesi e mesi, arrivando fino ad un licenziamento di 1192 persone su un totale di 1800. I rimanenti, ovviamente, hanno a tutt’oggi problemi con la riscossione degli stipendi, e si sono adeguati accettando impegni con altri enti).
 
Sembra che i due fratelli Liori abbiano una specie di abitudine nel recitare con ogni azienda lo stesso copione: iniziano sospendendo i pagamenti, successivamente cominciano a pagare lo stipendio in due tranches, chiedendo ai dipendenti di fare il bene della società, poi, senza ovviamente presentare alcun piano aziendale, smettono di pagare perdendo di conseguenza le commesse (e parliamo di Tim, Wind, H3G, Enel...)
 
Lo Stato, latita, non esiste, non risponde.
Possiamo fare solo interrogazioni parlamentari, dicono dalla parte sinistra.
E’ la crisi, rispondono dalla parte destra.
E alla fine si ha come l’impressione che sia una continua partita a tennis coi destini delle persone.
Una partita a cui sono stati chiamati a giocare in 7000.

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