La crisi economica attracca nel Mediterraneo

par Pietro Orsatti
lunedì 2 marzo 2009

Le esportazioni dall’Asia sono crollate. Con un effetto domino nei traffici verso l’Europa meridionale

Entra in crisi il traffico globale delle merci. A “collassare” per primo è stato il sistema della portualità. I primi segnali di contrazione dei mercati e quindi della diminuzione dei flussi delle merci si erano avuti già a ottobre. I porti Usa sono entrati immediatamente in crisi già a partire dall’estate scorsa, con un calo delle giornate lavorative che ha toccato a dicembre circa il 30 per cento del totale, se confrontato all’anno precedente. E già da tre anni il traffico delle merci dall’Europa agli Stati Uniti ha subito un calo (di circa l’8-10 per cento) causato dal disequilibrio nel cambio euro-dollaro. Oggi, con la stretta delle esportazione dall’Asia, la situazione sta precipitando.

In Asia, infatti, si sta registrando un calo dell’export. La frenata delle esportazioni nella Repubblica Popolare Cinese si è evidenziata maggiormente negli ultimi quattro mesi. Le prime navi a subire l’ondata della crisi, ovviamente, sono state le portacontainer, che canalizzano da sole circa il 40 per cento dei traffici internazionali. Il colpo può avere conseguenze pesantissime. E anche per i porti indiani è stata segnalata una riduzione. L’India, che in pochissimo tempo ha visto crollare i traffici del 30-35 per cento nei suoi porti principali, ha lanciato nelle scorse settimane l’allarme nazionale, dopo che le autorità statali avevano tentato di occultare i dati alla stampa e ai partner commerciali, preoccupate da un possibile impatto negativo sul mercato in seguito alla divulgazione di numeri non certo rassicuranti.



Se il mercato asiatico entrerà in crisi le ricadute potrebbero essere davvero catastrofiche per la portualità in tutto il mondo. La Cina, che già prevedeva di superare largamente i 120 milioni di container movimentati nel 2009, comincia a temere da mesi una frenata pericolosissima per le sue ambizioni: il quotidiano Xinhua Business sottolineava alla fine dello scorso anno come ormai la capacità di trasporto delle compagnie che operano nei porti sia di molto superiore alla richiesta interna. E non solo: le tariffe nelle tratte commerciali con gli Stati Uniti sono crollate dai 1.000 dollari per teu di inizio anno ai 300-400 attuali. Il primo porto a entrare nel limbo della recessione è stato il colossale scalo (ormai ai vertici mondiali in termini di traffico) di Tianjin.

Anche il Mediterraneo è oggi ad altissimo rischio: i transiti nel Canale di Suez nel mese di gennaio sono i più bassi mai riscontrati in cinque anni, 1.300 navi a fronte delle 1.700 dello scorso anno. Le entrate sono passate da 414 milioni di dollari a 332 milioni, e il tonnellaggio complessivo delle navi mercantile transitate è passato da 74 milioni a 57. A contribuire alla flessione dei traffici, i vettori specializzati nel trasporto di automobili asiatiche verso il mercato europeo che, rifiutandosi di pagare le tariffe di transito nel canale a causa dei prezzi che ritengono troppo elevati, hanno deciso di mutare la rotta principale spostandola sul Capo di Buona Speranza e di conseguenza, nonostante l’allungamento delle rotte, verso i porti europei sull’Atlantico e quelli dell’Europa settentrionale. E già i primi effetti sugli scali mediterranei si fanno sentire in Grecia, Spagna, Francia e Italia.


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