L’utopia della Democrazia

par morias
venerdì 11 dicembre 2009

Le democrazie occidentali hanno fallito il proprio compito di assicurare la convivenza pacifica all’interno della comunità dei cittadini, e da "regimi" si sono trasformate in "dittature".

Per quanto l’uomo sia riuscito a spingere la sua intelligenza al di la di qualunque ostacolo nella scoperta di fenomeni che lo hanno portato a varcare soglie inimmaginabili fino a qualche secolo addietro, non è a tutt’oggi riuscito a trovare una forma statuale che permetta alla collettività di sentirsi veramente libera.
 
Per quanto le scoperte scientifiche, mosse dalla naturale curiosità che lo caratterizza e lo differenzia da qualunque altra forma di vita su questo piccolo pianeta, abbiano apportato uno sviluppo del modello sociale ed economico, molto resta ancora da fare in termini di "vero progresso", volto ad assicurare una condizione "degna" e "libera" ad ogni singolo individuo, che pure fa parte di quella comunità che si erge a Stato.
 
La tutela del singolo, nel rispetto della sua individualità, è stata, dall’attuale modello sociale caratteristico delle comunità occidentali industrializzate, subordinata alla sopravvivenza dell’apparato istituzionale.
 
La "distorsione sociale" nella quale noi ci troviamo a vivere è derivata proprio dalla perdita dell’individualità, e non solo dall’egoismo del quale l’uomo stesso è saturo.
 
L’estrema tutela dell’interesse generale è il paravento dietro al quale si è nascosto un nuovo regime, dando vita a nuove "caste" di intoccabili, rappresentanti delle stesse Istituzioni.
 
Avvertiamo il bisogno di tornare a guardare all’uomo, a come oggi vive, studia, lavora, pensa. E soprattutto a valutare un parametro difficilmente rappresentabile e definibile: la felicità. Un parametro escluso da qualsiasi modello statistico o matematico.
 
Non è, per il nostro modello sociale, importante ciò che il singolo vuole, ma quello che la comunità, il popolo vuole.
 
Ed è proprio su questo che le democrazie hanno fallito.
 
I "regimi democratici" creano delle enormi disparità sociali per cui "pochi eletti" decidono per i "molti" che rappresentano.
 
I regimi, siano essi comunisti, socialisti o democratici, sfociano sempre naturalmente in "dittature", e poco importa se sono dittature del proletariato o del "Capitale", limitano sempre le iniziative dei singoli.
A questi viene lasciato lo spazio per pensare e in taluni casi anche per manifestare il propio pensiero, ma sempre nell’ambito di un modello, di un sistema che vincola le sue energie e la sua immaginazione.
 
Nella "dittatura democratica" italiana è previsto anche uno spazio per la manifestazione del proprio dissenso, per la protesta, per il conflitto.
Si tratta di una falsa libertà, se quel dissenso viene sistematicamente ignorato. La dittatura si giustifica con la "volontà popolare", e acquista molto più potere quando quella volontà diventa "plebiscitaria".
 
Non imoporta, all’indomani della consultazione elettorale, la riflessione dell’individuo su ciò che ritiene sia un bene o un male per il proprio futuro. Chi detiene il potere, oggi, sui media, sulla comunicazione, è in grado di controllare l’opinione pubblica, ed è quella che conta.
 
Il "plebiscito", aiutato dal sistema elettorale che di fatto nomina e non elegge i rappresentanti del popolo, abbinato al controllo dell’opinione pubblica, assicura un modello di vita sociale che illude il cittadino, privandolo della capacità di formarsi una sua originale idea della realtà e del contesto in cui è inserito.
 
Una "Democrazia", per essere veramente tale e per non trasformarsi quindi in "Regime", necessita di un pre-requisito: l’abbattimento di qualunque "conflitto di interesse". A cominciare da quello del singolo consigliere comunale, fino al Presidente della Repubblica.
 
In Italia, se il controllo dei mezzi attraverso i quali si forma la coscienza sociale è posseduta da un piccolo gruppo di soggetti, e se questi hanno anche una carica politico-istituzionale alla quale si abbinano interessi economici e finanziari, alla quale si aggiunge anche solo il sospetto di "collusione" o "concorso esterno" in associazione mafiosa, allora il regime si isola rispetto ai bisogni dei cittadini.
 
L’interesse generale, che lo Stato democratico afferma costituzionalmente di voler assicurare, viene di forza scisso dall’interesse particolare, specifico di una élite che prevale su tutto il resto.
 
L’evidenza dell’anomalia italiana, oltrepassando i limiti che altre strutture statuali del Nord-Europa hanno imposto ai propri organi istituzionali, rappresenta un cancro le cui metastasi si propagano nel Paese sotto gli occhi "distratti" di quanti potrebbero agire, ma non lo fanno.
 
Da quel 2 giugno 1946, in cui la maggioranza del popolo italiano ha deciso di chiudere con la Monarchia per passare a una Democrazia Repubblicana, l’Italia è stata inghiottita dalla stessa anomalia. La volontà di garantire il governo del Paese nelle mani di lobby fasciste e mafiose.
 
L’attuale Presidente del Consiglio viene chiamato a rispondere di reati infamanti quali la corruzione, l’appropriazione indebita, il falso in bilancio, il falso in atti giudiziari e altri reati finanziari, sinanche di "mafia", nell’apatia completa di un "popolo-suddito". 
 
Nessuno può sapere in anticipo quale sarà il giorno che poi ricorderà come determinante per la propria esistenza e la storia del proprio Paese, ma l’11 dicembre potrebbe rivelarsi un giorno decisivo per questo "Regime". Decisivo in quanto la "Dittatura mediatica" del Presidente del Consiglio potrebbe decidere di attaccare frontalmente il resto delle istituzioni democratiche di "Resistenza" rivelando la propria ferocia alla stregua degli attentati mafiosi, "deviati", del 1993.
 
Se i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano dovessero confermare ai magistrati palermitani, che stanno conducendo il processo di appello nei confronti del senatore Marcello Dell’Utri (co-fondatore di Forza Italia insieme allo stesso Silvio Berlusconi), le dichiarazioni rese la scorsa settimana dal collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, colui che è stato messo alla guida del regime italiano farà di tutto per sottrarsi al "cappio giudiziario".
 
Una prima "metastasi" di questo cancro è gia stata lasciata crescere: la Camera dei Deputati ha respinto la richiesta di arresto per Nicola Cosentino, accusato dai magistrati partenopei di concorso esterno in associazione mafiosa, la mafia di Casal di Principe.
 

Leggi l'articolo completo e i commenti