L’odio ha radici antifilosofiche

par Nereo
sabato 19 dicembre 2009

Chi considera Marx un filosofo mette la filosofia sullo stesso piano del discorsivismo e manco si accorge dell’equivoco. L’equivoco del marxismo come delle filiazioni post-marxiste e socialistiche di qualsiasi gamma (nessuna esclusa), è quello di proporre temi di suprema importanza umana, per la conoscenza dei quali si incomincia col sopprimere il pensare "quasi che la sua missione", scrive Massimo Scaligero, "sia impedire che tali temi siano veramente compresi dallâuomo attuale" (Massimo Scaligero, "La logica contro l’uomo", Roma, 1967).

Per Marx, credere che l’uomo conduca la sua vita secondo pensiero e non viceversa è pretendere che “il mondo cammini sulla testa, anziché sui piedi”. E’ in tal modo che Marx esprime la sua idea sulla “mistificazione” della realtà. Per lui, la situazione condiziona interamente il modo di pensare dell’uomo. Ma anche il detto “Prima vivere poi filosofare” se accostato a questi psichismi è sbagliato in quanto unilaterale (per gli studiosi: c’è un volumetto di Rudolf Steiner, “Pensiero umano e pensiero cosmico”, in cui l’autore descrive le dodici possibili visioni del mondo, grazie alle quali ogni fenomeno può essere considerato dal punto di vista del materialismo, ma anche da quello dello spiritualismo, del realismo, dell’idealismo, del razionalismo, del dinamismo, del sensismo, del pneumatismo, del matematicismo, del monadismo, del fenomenalismo e dello psichismo) perché non è che si ragiona meglio con la pancia piena o col cosiddetto crollo epatico. Pensare a pancia piena o a pancia vuota non modifica il risultato di 1 + 1.
 
Infatti "non si può non essere mossi da psichismo" continua Scaligero, "quando si è teoretici e simultaneamente si nega il canone metafisico del pensiero" (ibid.), aggiungendo che è segno di decadimento della filosofia "non tanto il fatto che sia potuto sorgere un “materialismo dialettico” - che è dire un idealismo della materia - quanto il fatto che la filosofia non lo abbia identificato per quel che era e non lo abbia perciò espulso come un discorsivismo estraneo al proprio mondo" (ibid.).
 
Dunque se si è onesti con se stessi non si può considerare Marx un filosofo più di quanto non si possa considerare pensante un cane che si morda la coda. Ciò è evidente perfino dallo storico fatto che di fronte alla “Filosofia della miseria” (1846) di Proudhon, Marx contrappose lo scritto sulla “Miseria della filosofia” (1847). Chi afferma che la filosofia è miseria non è dunque un filosofo, ma miserabile. Eppure, anche se doveva essere evidente che quello di Marx non era pensiero ma piuttosto psichismo, l’aver fatto di Marx il grande filosofo delle scuole dell’obbligo generò in fondo mera avversione per il sano pensare, onde la nascita del “pensiero debole” come categoria filosofica. Roba da brividi: la nascita dell’imbecillità come categoria filosofica. Eppure un sano osservare avrebbe potuto scongiurarlo: nel “Manifesto comunista” di Karl Marx (1848), che fu il primo documento del socialismo e del bolscevismo, vi è la famosa espressione "Proletari di tutto il mondo, unitevi!", che esprimeva l’appello più innaturale che si potesse immaginare: un impulso verso la socializzazione sulla base dell’avversione e dell’odio verso coloro che non erano proletari. Per Marx, la socializzazione, cioè l’unione degli uomini, doveva costruirsi sulla separazione. Anche qui vi è antilogica, altro che filosofia.
 
Ogni discorsivismo ha infatti sempre all’interno di sé non pensiero ma psichismo capace di assumere la forma di pensiero, necessaria a sollecitare non l’altrui pensiero, ma l’altrui psichismo e ad alimentarlo. In tale contesto falsamente filosofico e falsamente scientifico, "la forma del pensiero viene asservita a un contenuto che nella sua mediazione le è irrelativo, in quanto contraddice il pensiero quale attività autonoma. È il segno dell’alterazione mentale" (Scaligero, op. cit.), la quale si fa avversione se trova davanti a sé pensiero anziché altro psichismo da catechizzare.
 
Ecco perché, in base a tale pensiero era prevedibile la caduta del muro di Berlino: è notorio che nel 1919 Rudolf Steiner pronunciò le seguenti parole: "Basterà che coloro che hanno in mano il governo nell’Europa dell’est lo mantengano per un tempo abbastanza lungo perché essi stessi portino all’assurdo la teoria marxista. Il marxismo si confuterà da solo". Un ascoltatore gli chiese quanto tempo bisognasse aspettare per assistere a tutto ciò e Steiner rispose: "circa settanta anni" (conf. di Zurigo, 26/10/1919). Esattamente 70 anni dopo c’è stata la caduta "della cortina di ferro".
 
Che l’odio abbia radici antifilosofiche lo si vede anche dal fatto che ogni psichismo per farsi pensiero deve lasciare istinti, brame e passioni e liberarsene. Se è vero che “le passioni sono componenti naturali dello psichismo umano” (art. 1764 del “Catechismo della Chiesa Cattolica”, Roma, 1992) è anche vero che liberandosene, l’uomo può liberarsi anche di equivoci, fraintendimenti e, soprattutto, degli odi, tipici degli uomini non liberi, perché in ogni evoluzione dell’interiorità scompare anche ogni paranoia.
 
Diversamente, cioè istintivamente - e queste sono le vere cause non solo del sangue di Berlusconi, ma anche di tutti i conflitti e guerre di Stato - "il logico paranoide è portato a trasmettere il proprio male: perché soltanto contagiando la moltitudine, il suo dialettismo rientra nell’ordine della normalità, ossia nell’ordine di una generale necessità, a lui indispensabile come forma di un valore etico: in ciò facilitato dalla stampa, dalla radio-televisione, dalla pubblicità, che oggi sembrano funzionare come suoi appositi strumenti. Il collettivo riconoscimento di una "verità" oggettiva, in quanto trasmessa secondo canone logico-dialettico, operando come una fede, è ciò di cui egli necessita come di un sostegno mistico. Infatti, per istinto sente l’irrealtà della sua dialettica, per istinto cerca un appoggio extradialettico: tende a suscitare la fede più facile, quella che oggi tutti devozionalmente accordano ai risultati dell’indagine scientifico-razionalistica, senza esigenza di verifica. Il contagio dialettico è il più facile, perché fa presa sull’inerzia mentale tendente a darsi giustificazione filosofica e logica evitando sforzo d’autoconoscenza. Tale inerzia è appunto il principio dell’alterazione mentale, o l’alterazione che comincia a divenire normalità, in quanto risponde a uno scadimento del pensiero in dialettismo e al dialettismo come discorso indipendente dal pensiero. Il catechismo assume in tal senso la funzione che oggi può essergli più regolare: operare per la fede che risponde alla segreta necessità del mentale alterato: servire i processi della corporeità e della materia mitizzata e culturizzata" (M. Scaligero, op. cit).
 
Povera Italia allora, se si spera ancora che i tempi dell’odio possano cambiare senza il pensare!

Leggi l'articolo completo e i commenti