L’indecenza politica e la lettera di Roberto Saviano

par vitof
giovedì 19 novembre 2009

E’ venuto meno l’interesse del Governo a proporsi come esempio positivo e di promuovere regole serie di condotta sociale.

L’indecenza politica in Italia è diventata regola, mentre l’etica è caduta in prescrizione, l’estinzione di questa importante norma di convivenza non è più esercitata dalla politica, il periodo di tempo indicato dalla morale è scaduto come una normale mozzarella. E’ venuto meno l’interesse del Governo a proporsi come esempio positivo e di promuovere regole serie di condotta sociale.
Scandali, malcostume, prevaricazioni d’ogni genere, sembrano non interessare e scandalizzare più nessuno. La soglia di adattamento "ipogea" di noi italiani ha raggiunto profondità abissali. Che la politica non sia mai stata il regno della verità è ampiamente riconosciuto. E’ proprio quest’ultima affermazione ad aprire la strada a molte considerazioni circa l’effettivo coinvolgimento dei cittadini in questo “massacro politico”. Gli esempi che ci vengono proposti ogni giorno dalla "saggezza politica" di chi ci governa, sono quelli che si rispecchiano giornalmente nei comportamenti di ognuno di noi.
 
Una sorta di: "Cosi fan tutti". Come dire; così fan loro. Per conseguire questo impressionante risultato presso l’opinione pubblica è necessario guadagnarne i favori, ricorrere a numerosi elementi coercitivi come: elementi linguistici, iconici, retorici, semantici, psicologici, e quant’altro, riuniti in un potente mix di strumenti in grado di trasformare la società in una vera e propria “arma del consenso e della disinformazione di massa”.
 
Questo comporta un sovraccarico di disvalori nei rapporti umani, nei rapporti sociali e costituisce un attacco ai valori su cui si fonda lo Stato di diritto. Tanto da costringere, Roberto Saviano, ad indirizzare al Presidente del Consiglio Berlusconi questa breve ma significativa lettera: "Signor Presidente del Consiglio, io non rappresento altro che me stesso, la mia parola, il mio mestiere di scrittore. Sono un cittadino. Le chiedo: ritiri la legge sul "processo breve" e lo faccia in nome della salvaguardia del diritto. Il rischio è che il diritto in Italia possa distruggersi, diventando uno strumento solo per i potenti, a partire da lei. Con il "processo breve" saranno prescritti di fatto reati gravissimi e in particolare quelli dei colletti bianchi. Il sogno di una giustizia veloce è condiviso da tutti. Ma l’unico modo per accorciare i tempi è mettere i giudici, i consulenti, i tribunali nelle condizioni di velocizzare tutto. Non fermare i processi e cancellare così anche la speranza di chi da anni attende giustizia. Ritiri la legge sul processo breve. Non è una questione di destra o sinistra. Non è una questione politica. Non è una questione ideologica. E’ una questione di diritto. Non permetta che questa legge definisca una volta per sempre privilegio il diritto in Italia, non permetta che i processi diventino una macchina vuota dove si afferma il potere mentre chi non ha altro che il diritto per difendersi non avrà più speranze di giustizi".
 
Se il cittadino Saviano è costretto, dalla propria coscienza, ad esternare un pensiero così ovvio contro la prevaricazione del potere, con una lettera aperta alla stampa, qualcosa di terribile sta mutando nel nostro paese. Un simile sistema tende ad isolare ed estromettere gli onesti, a deriderli, renderli minoranza non omologabile al "pensiero unico". Da qui le critiche e gli insulti. Forse che la riflessione di Saviano non ha a che vedere con la democrazia? Che questa immoralità politica tema la verità è naturale ed evidente, come evidenti sono le ripercussioni morali nella società,
 
E’ la riprova che questa è materia di etica politica, non (solo) di moralità privata, di deficit democratico; è questione che tocca tutti, chi ha votato per il Presidente e chi non lo ha votato. C’è un esercizio che permette di guardare nello strato profondo, magari inconscio, delle nostre concezioni politiche, ed è quello di interrogarsi sempre sullo stato di salute della nostra democrazia. Casa che spesso non facciamo.

Leggi l'articolo completo e i commenti