L’Albania domenica vota per avvicinarsi all’Europa ma dopo vent’anni è ancora ferma al palo

par Sergio Bagnoli
mercoledì 24 giugno 2009

Dilaga la violenza e l’insicurezza. L’omicidio è qui un’arma di propaganda politica. 

L’ultimo ucciso è stato il candidato democristiano Aleks Keka, ucciso durante un regolamento di conti nel mondo della criminalità organizzata, ma in precedenza altri candidati fecero la stessa fine

Domenica prossima in un clima di incertezza, entrambi i partiti maggiori sono accreditati attorno al 44-46%, l’Albania, recentemente entrata nella Nato, andrà alle urne per rinnovare parlamento e governo. Ci sono grandi attese attorno a questa consultazione elettorale generale che dovrebbe, almeno questo è stato il senso della promessa fatta nei mesi scorsi a Tirana dal commissario dell’Unione Europea all’allargamento Oli Rehn, garantire al paese, in caso di svolgimento pacifico e civile, l’inizio del processo di avvicinamento a Bruxelles. Le premesse però vanno in tutt’altra direzione e ci consegnano il ritratto di un’Albania che, a vent’anni dalla caduta del comunismo, è rimasta ancora ferma al palo: qui la violenza domina ancora la vita quotidiana dei cittadini, la corruzione dilaga ad ogni livello, i traffici criminali da soli ancora reggono l’economia della nazione. E’ vero che non ci sono più emigrazioni di donne verso i paesi vicini per esercitare il meretricio ma ciò accade solamente perché i boss della mafia d’oltre-Adriatico hanno rivolto il loro sguardo altrove, verso altre nazioni ove andare a pescare ragazzine, spesso adolescenti, da iniziare alla prostituzione.


Romania, Moldavia ed Ucraina i paesi più esposti. E’ un dato di fatto che negli ultimi due mesi di campagna elettorale siano stati ben tre gli omicidi compiuti contro esponenti politici sia del centro-destra, attualmente al potere, che del centro-sinistra. I Kalashnikov hanno iniziato a crepitare all’inizio di maggio quando a Roskovec, a sud di Tirana,nella propria abitazione è stato trucidato il socialista Fatmir Xhindi; poi l’undici giugno è stata la volta, a Durazzo, del fedelissimo di Sali Berisha Artan Zeka, colpito dal candidato socialista Skender Balla mentre si accingeva ad affiggere manifesti elettorali del Partito Democratico. Cinque giorni fa a Scutari il democristiano Aleks Keka, colluso con la criminalità organizzata locale che gestisce il traffico di droga e prostituzione verso l’Italia, infine è stato crivellato da colpi di mitra. Questa è la realtà triste della politica albanese a vent’anni dalla fine del comunismo. Il leader del Partito Democratico, di centro-destra, ed attuale premier, Sali Berisha ovviamente tende ad addossare ogni colpa relativa al particolare clima di violenza che sta avvelenando questa campagna elettorale all’opposizione socialista che, ad onor del vero, non è del tutto incolpevole. Basti pensare che il leader socialista, l’attuale Sindaco di Tirana Edi Rama, che sarà il primo ministro dell’Albania in caso di vittoria delle sinistre non si presenterà alle elezioni: sarà solamente il convitato di pietra ai comizi elettorali.

Berisha dal canto suo sta concludendo questa campagna elettorale presentando i suoi trionfi di quest’ultimo quadriennio e cioè l’ingresso dell’Albania nella Nato, la richiesta di adesione all’ Unione Europea e l’inizio dei lavori di costruzione della nuova autostrada Durazzo Kukes. Tace però su altre cose: innanzitutto non racconta che per autocelebrarsi con la nuova opera autostradale il suo governo ha indebitato oltremisura le finanze del povero paese adriatico ponendo una seria ipoteca sul futuro delle nuove generazioni e poi nulla ha detto sulla solenne recente bocciatura con la quale il Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea ha rinunciato a liberalizzare i visti verso l’Albania, deludendo le mal riposte speranze di buona parte degli albanesi. Queste cose sui mass-media di Tirana, direttamente od indirettamente controllati da Berisha, non vengono dette. La censura è severa così come severe sono le misure di polizia contro i candidati non schierati all’interno dei due maggiori partiti. Ieri, senza alcun apparente motivo, la Polizia ha trattenuto il socialdemocratico Apostol Goxhi, impedendogli di proseguire nella campagna elettorale. In questo clima di tensione domenica l’Albania si recherà alle urne cercando di dimostrare all’Europa di essere cresciuta democraticamente: intanto però per serbi, macedoni e montenegrini sono stati liberalizzati i visti, per albanesi, kossovari e bosniaci no. Forse, come afferma l’ambasciatore di Germania a Tirana l’unica speranza del paese deve essere riposta nei giovani ventenni, figli della diaspora, che tornano in Patria dopo aver studiato all’Occidente. Bisognerà però forse attendere una generazione.


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