Italiani ancora guelfi e ghibellini

par Massimo Famularo
venerdì 4 dicembre 2009

Ce lâabbiamo ancora una coscienza per indignarci? Possiamo ignorare le risposte dei giovani che confermano lâimmagine del nostro Paese descritta dal testo pubblicato su Repubblica?

Uno come Pierluigi Celli, che a dirla tutta avrebbe anche potuto farsi gli affari suoi, si prende la briga di lanciare un sasso nello stagno con la sua lettera a Repubblica. Saprà lui se lo fa per genuina indignazione, propaganda (ma per chi poi?) o per chissà quale altra recondita ragione.

Come reagisce l’opinione pubblica? Al solito si divide tra neri e bianchi (o rossi se preferite), non sia mai che, per una volta, si possa stare semplicemente dalla parte del buon senso e della decenza. Invece di mettere in discussione l’autore della lettera non potremmo riflettere sul contenuto? Peraltro, se uno si prende la briga di leggere la lettera prima di criticare, si accorge che l’autore non si chiama fuori per ergersi a censore degli altri, ma fa anche autocritica scrivendo “abbiamo fallito”.

Quello che dice è più importante di chi chi e come lo dice. Ce l’abbiamo ancora una coscienza per indignarci? Possiamo ignorare le risposte dei giovani che confermano l’immagine del nostro Paese descritta dal testo pubblicato su Repubblica?

Certo è più semplice parlare per partito preso contro di lui, la Luiss, i figli di papà, etc. Al solito, attaccare il singolo è più semplice di prendere atto dello sfacelo generale. Per una volta che un signore ha il buon gusto di dire le cose come stanno, potremmo anche smetterla con i dibattiti inutili e rimboccarci le mani.
 
Quale che fosse l’intento, Celli ha detto la verità e se non ci diamo da fare andrà sempre peggio.
 
Se ognuno di noi cominciasse a fare la sua parte, evitando di tollerare le piccole illegalità o gli arbitri che ci circondano nel quotidiano potremmo fare dell’Italia un posto migliore. Non sarà tanto, ma si comincia così.

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