Iraq: una nuova democrazia molto violenta

par Karim METREF
martedì 12 gennaio 2010

Il 23 novembre 2009, un giornalista iracheno, Imad Al Ebady, subiva un tentativo di omicidio, in pieno giorno, nel centro di Baghdad, non lontano dalla protettissima Zona Verde. L’attentato era sicuramente opera di professionisti. Le loro pistole erano dotate di silenziatori e i tre colpi molto precisi, sparati mentre si trovava in auto, l’hanno colpito alla testa, al collo e al petto ferendolo gravemente. Ora, salvo per un vero miracolo, si trova in ospedale a lottare tra la vita e la morte.

Imad Al Ebady, presentatore televisivo di un programma politico è conosciuto per la sua dura critica nei confronti del governo iracheno. Ma sembra che l’attentato sia dovuto ad una serie di dichiarazioni pubbliche e poi soprattutto ad un suo articolo-denuncia pubblicato su una testata online: Itijahat Hurra, tendenze libere. Un articolo che è stato molto letto e discusso sul web e in cui ha denunciato l’esistenza di vere e proprie forze armate che operano sul territorio nell’oscurità più totale. Formazioni militari direttamente sotto il controllo del primo ministro e di cui il parlamento iracheno non osa nemmeno discutere. Figuriamoci instaurare commissioni di controllo. Imad ha denunciato fermamente l’esistenza di queste formazioni completamente anticostituzionali e ha chiamato al loro scioglimento. La risposta (probabilmente di queste stesse forze) non si è fatta aspettare.

Ma non c’è solo l’articolo di Al Ebady che segnala un tentativo dell’attuale governo di instaurare un sistema sempre più autoritario, sempre più al servizio di pochi. Lo confermano vari interventi di giornalisti e attivisti coraggiosi. La nuova legge sulle organizzazioni non governative che sta preparando il governo, se adottata, sarà una vera e propria gabbia per controllare le ong, così anche la proposta di legge sull’informazione. Poi c’è il fatto che anche l’attuale organo di controllo dell’informazione (Autorità per l’informazione e la comunicazione) è completamente anticostituzionale ed è assoggettato agli interessi di pochi politici (instaurata con l’ordine N. 65 dall’Amministrazione Provvisoria della Coalizione dell’epoca di Bremer e assolutamente non riconosciuta dalla costituzione). La legislazione sul lavoro che ha ripreso leggi fatte a l’epoca di Saddam Hussein e che vieta ogni tipo di organizzazione di tipo sindacale (leggere a questo proposito l’appello lanciato da un gruppo di associazioni e sindacati non riconosciuti che ha lanciato una petizione per una legge equa per i lavoratori).

Mentre il Parlamento, eletto in elezioni molto torbide segnate da violenza, pressioni e manipolazioni varie, si interessa solo ad allargare sempre di più la somma dei vantaggi a favore dei parlamentari come è stato denunciato dal giornalista Ouarid Badr Assalam sul quotidiano Al Mada. 
 
In un contesto dove la violenza è onnipresente quotidianamente, è difficile schierarsi contro chi dice di lottare per riportare pace e stabilità. Soltanto che ci sono troppi indizi che indicano che chi ha oggi il potere non ha nessuna voglia di sottomettersi alla critica, al controllo delle istanze democratiche o addirittura all’alternanza. Sono questi segnali che spingono attivisti e giornalisti a scrivere e denunciare. Proteste lucide e coraggiose che nell’Iraq di oggi sono molto spesso pagate con il proprio sangue.
 
 

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