Intitolazioni incoerenti: come banalizzare anche Oriana Fallaci

par Maria Rosa Panté
lunedì 18 gennaio 2010

Gianluca Buonanno, onorevole leghista nonché sindaco di Varallo Sesia e vicesindaco di Borgosesia (Valsesia – provincia di Vercelli - alias Buonannia), dopo avere proibito burkini nei fiumi (ma i pescatori devono avere nei fiumi valsesiani regolare costume da bagno?) e burqa (mai visto un burqa a Varallo) ha pensato di intitolare una scuola alla memoria di Oriana Fallaci con la seguente motivazione:
“Oriana Fallaci, giornalista, inviata di guerra, scrittrice nota in tutto il mondo. Una donna coraggiosa che con cuore e passione ha segnato il nostro tempo. Le sue interviste, i suoi memorabili reportage sono indispensabili per analizzare molti momenti della storia contemporanea. Il suo stile viscerale e potente non lascia mai indifferenti e ha sollevato una vasta eco in tutto il mondo. Le sue tesi, discutibili, ma apprezzate da questa amministrazione comunale, nascono sempre da precise motivazioni di ordine etico e morale e sono filtrate dalla tempra di scrittrice civile. Molte sue profezie oggi si concretizzano in una triste realtà".
 
La sua motivazione è propagandistica in quanto di tutta la complessa figura della giornalista e scrittrice vuole evidenziare solo l’antislamismo. Questo modo di procedere non solo è poco rispettoso della Fallaci, ma va contro il desiderio di verità che sempre ha animato l’opera della giornalista e dimostra oltre che cattiva fede, un disprezzo culturale che non può essere dettato solo dall’ignoranza (che pure talvolta è crassa).
 
Così ritengo importante non limitare l’eredità della Fallaci ai messaggi dell’ultimo periodo della sua vita (quando era già afflitta da un tumore al cervello) e presentarne la figura nella sua completezza.
 
Per fare questo mi avvarrò della testimonianza di Valeria Palumbo, che si occupa da tempo della Fallaci e dei suoi articoli, ha portato in giro per l’Italia “Io, Oriana” un reading musicale e inoltre è Caporedattore Centrale dell’Europeo, il giornale per cui più a lungo scrisse la famosa giornalista.
 
Io ho chiesto a Valeria Palumbo per che cosa avrebbe voluto essere ricordata la Fallaci, questa è stata la sua riposta.
 
“Oriana Fallaci è stata sino a ora la più grande giornalista italiana. Per prima ha capito e messo a nudo le debolezze e la pochezza di molti personaggi famosi. Ha intuito la furbizia di Arafat, ma anche “la perfidia e perfino la malvagia scaltrezza” di Henry Kissinger.
 
Oriana Fallaci fu sempre di sinistra (anche se mai comunista), fu anche staffetta partigiana. Il suo chiodo fisso fu la libertà, una libertà laica. Tanto che nemmeno di fronte alla morte si convertì: monsignor Fisichella, per sua stessa ammissione, ebbe con lei un rapporto di profonda amicizia, senza implicazioni di tipo religioso.
In questa sua “ossessione” per la libertà è stata coerente: infatti non ebbe torto nel vedere (a differenza di molti altri inviati occidentali che si fecero ingannare) che Khomeini era un dittatore. Il suo furore antislamico è coerente con il suo totale laicismo. Ha sempre nutrito, nei confronti della Chiesa, la stessa diffidenza che nutriva nei confronti degli ayatollah.
 
La sua tendenza a vedere nemici dappertutto si è fatta via via più forte col progredire della malattia. L’ultima Fallaci era davvero una donna malata, nel fondo rimaneva però questa "ossessione della libertà". La espresse con furore, ma chi di noi oggi preferirebbe l’Iran agli Stati Uniti? E questo lei l’aveva capito: non amava i comunisti, non amava l’America di Kissinger, del maccartismo, dell’anticomunismo fanatico. Amava l’America democratica e antirazzista.”
 
E dunque ben venga una scuola Oriana Fallaci sperando che “sforni” molti individui con il chiodo fisso della libertà da ogni pregiudizio, da ogni estremismo, da ogni limitazione del pensiero e della verità.
 
Intanto per amore proprio di verità devo dire che chi si appresta a dedicare una scuola a una grande giornalista, ha come fedeli alleati tutti gli editori delle testate giornalistiche locali, per cui molti articoli critici verso Buonanno e la sua politica non vengono pubblicati (soprattutto in prossimità delle scadenze elettorali) se non in spazi ristrettissimi, mentre in Buonannia a Buonanno sono accordati paginoni di propaganda.
 
Fosse un male locale… ma Buonannia nel suo piccolo è metafora dell’Italia tutta, solo che nelle piccole realtà gli spazi per il dissenso sono ancora più ristretti.
Nel mio Borgo, così, non posso contare nemmeno suoi venticinque lettori del Manzoni!

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