Incontro con Albert Prenkaj, Ambasciatore del Kosovo in Italia
par Raffaele Coniglio
giovedì 5 novembre 2009
Albert Prenkaj è un ex professore universitario con un passato nell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE). Il 17 febbraio del 2008, Pristina ha proclamato la sua indipendenza da Belgrado, e, poco tempo dopo, il Professor Prenkaj è divenuto l’incaricato d’affari del Kosovo in Italia. Con la concessione di gradimento da parte del Presidente della Repubblica Italiana, ha iniziato a svolgere ufficialmente le attività di Ambasciatore presso il nostro paese. Nella totale indifferenza dei media e dei giornali italiani, pronti però ad occuparsi di Kosovo quando c’è da parlarne male, il neo ambasciatore lavora da oltre un anno a Roma per instaurare, in una delle dieci capitali europee ritenute più influenti dal punto di vista politico a livello mondiale, una nuova ambasciata. Da poco rientrato dal Kosovo dove si è recato per ricevere l’investitura ufficiale da parte del suo Presidente della Repubblica, Prenkaj mi ha raccontato la sua esperienza italiana. Dopo circa un anno di intenso lavoro, sono soddisfatti di aver finalmente creato una vera e propria ambasciata. Si sono occupati di logistica e di problemi amministrativi, individuando innanzitutto una sede consona al suo ruolo. Sono riusciti anche ad avviare informali contatti con la diplomazia italiana e quella vaticana. L’ambasciatore, con la sua eleganza e la pacatezza dei gesti, mostra di essere
L’instancabile ambasciatore dice di ritenere l’Italia un grande paese "che ha contribuito significativamente alla ricostruzione del Kosovo; un paese a noi vicino; anche noi ci sentiamo parte della regione mediterranea, e vogliamo cooperare con voi" sostiene. Le autorità del Kosovo, in virtù di questa vicinanza storica e geografica hanno ritenuto l’Italia uno dei paesi da cui partire per avviare positive relazioni diplomatiche. Alla base di questo ragionamento, va considerato anche il fatto che in Italia risiedono oltre 60 mila kosovari, secondo i dati forniti dallo stesso ambasciatore. Si tratta certo di un numero rilevante di persone, la stragrande maggioranza delle quali di etnia albanese, concentrate principalmente nelle regioni del nord Italia. Sono inclusi i gorani, concentrati nei dintorni di Siena, ed i rom, molti dei quali vivono a Firenze. "Al momento non è possibile avere la cifra esatta della presenza kosovara in Italia perchè ancora adesso ci sono kosovari che hanno soltanto il passaporto serbo" ci tiene a sottolineare Prenkaj; "in quest’anno di attività, non sono mancati comunque gli incontri con la comunità dei gorani e con quella dei rom di Firenze, alle quali abbiamo cercato di fornire supporto e assistenza", aggiunge. Ricorda inoltre di essersi stupito, durante uno dei suoi viaggi in Italia, quando alcuni cittadini serbi residenti in Veneto gli si erano avvicinati chiedendo le modalità per ottenere il passaporto serbo. Senza preoccuparsi e con tranquillità aveva fornito loro le delucidazioni necessarie, comunicando ovviamente in lingua serba, idioma che utilizza nella maggior parte dei casi anche con i rom e i gorani.
Dopo la fase iniziale, da poco superata, di insediamento dell’ambasciata, le attività future dell’Amb. Prenkaj si concentreranno sulle relazioni istituzionali e di lobbying, ed in quello che lui definisce "diplomazia pubblica", ossia attività di sensibilizzazione tra la gente e sul territorio, presenziando anche attività culturali. "Lavoreremo in stretto contatto con le autorità politiche italiane e proveremo ad avviare importanti contatti con quelle vaticane", sostiene. La Santa Sede è infatti vicina al Kosovo ed ha fornito un prezioso supporto durante gli eventi drammatici della guerra, quando, attraverso il fitto lavoro diplomatico condotto sul campo dalla Comunità di Sant’Egidio, è riuscita a mettere in salvo sul territorio italiano lo stesso Presidente Rugova. La Chiesa, ricorda l’Ambasciatore, ha dopotutto antiche radici in Kosovo: è la terra in cui, ad Ulpiana, nelle vicinanze di Pristina, furono martirizzati i santi cristiani Floro e Lauro, e ha un contatto diretto con il Kosovo attraverso la Diocesi di Prizren. Per tutti questi motivi, ed anche per il fatto che il Kosovo è, di fatto, un paese secolare, dove accanto all’islam dominante (modello turco) convivono una varietà di culti e di religioni, come i dervish, i cattolici e gli ortodossi, Prenkaj non sembra essere tanto preoccupato dal tema religioso. A portarlo alla riflessione sono piuttosto le considerazioni espresse da alcuni paesi che considerano ancora questo Stato un "precedente storico" pericoloso per l’Europa. Il Kosovo, essendo un paese nato da poco, non ha dalla sua parte la consistenza politica, diplomatica e un apparato organizzativo proprio dei suoi vicini, ma si può certo essere fiduciosi che sia solo una "questione di tempo", per usare le stesse parole dell’ambasciatore. Possiamo attenderci che dopo il pronunciamento da parte della Corte Internazionale di Giustizia sull’indipendenza del Kosovo - il cui verdetto ha soltanto valore consultivo - altri Stati si esprimeranno positivamente sul riconoscimento di questo nuovo Stato nel cuore dell’Europa.