Il Ponte, nella nebbia del tempo

par Michele Luongo
martedì 5 maggio 2009

Di tanto in tanto sui media si riprende la discussione sulla costruzione del ponte sullo stretto; discussione che deve avere nel suo Dna una malattia perenne, incancrenita, la meridionalità.

Il tempo sembra scandito da continue lamentele, che poi gira e rigira sono sempre le stesse: lo sperpero dei soldi, il Nord, la Cassa del Mezzogiorno, i politici, le imprese; voci che il più delle volte si disperdono nel vuoto.
 

Viene da domandarsi, a questo punto, se quelle lamentele siano animate da altri interessi, cioè il lasciare il tutto com’è, per evitare una crescita socio-culturale ed economico-politica.
 
Sono innumerevoli le opere pubbliche inutili, o peggio, ancora abbandonate nell’incuria o mai terminate, uno sperpero di miliardi che avviene sotto gli occhi di tutti.


Forse al di là delle lamentele, bisognerebbe incominciare a porre delle domande e pretendere delle risposte certe, trasparenti e comunque avere una cultura del costruire, dato che i politici hanno i mezzi legislativi e le capacità per farlo.
 
Quel ponte sullo stretto oramai, dopo tutti quei miliardi spesi, è solo un’icona che dovrebbe far riflettere. All’estero si realizzano opere e si mette in circolazione il capitale, si crea mercato e quindi anche benessere.

Al Sud invece si mortifica il mercato, la ricerca, gli investimenti e si umiliano i giovani, ancora oggi costretti all’emigrazione.

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