Il miracolo non c’è, le tasse invece sì

par Mari
venerdì 15 gennaio 2010

Guarito completamente e senza segni visibili sul volto, il premier Silvio Berlusconi è tornato nell’arena politica e ha chiarito che non ci sarà nessun taglio delle tasse, come il suo schieramento ha sempre fatto capire, perché "l’attuale situazione di crisi non permette nessuna possibilità di riduzione delle imposte". Eppure sembra ieri quando sorridente dichiarava che "la crisi è superata" e annunciava due sole aliquote al 23% e al 33%.

Nulla di fatto, erano solo nuove promesse al vento. Facili da fare perché conquistano i titoli sui giornali e dopo si può sempre dire che qualcuno aveva frainteso. Il presidente del Consiglio nella sua conferenza stampa al termine del primo Consiglio dei Ministri del 2010 ha poi aggiunto, un po’ da contentino, che il governo punterà a una «semplificazione di tutto il sistema tributario, per la quale - ha aggiunto - spero sia sufficiente un anno». Tra le righe si capisce che la semplificazione, quindi, prima del prossimo anno è molto difficile che arrivi. “La situazione attuale del debito pubblico comporterà, solo di interessi, una spesa di 8 miliardi di euro all’anno. In questa situazione - sottolinea il premier - è fuori discussione poter pensare a un taglio delle imposte”.
 
Così mentre il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, pone come obiettivo “un grande cambiamento del sistema fiscale” e commenta che quello attuale non è tanto efficace e non è neanche tanto giusto (ma chi dovrebbe cambiarlo se non chi è al governo?), il presidente del Consiglio deve iniziare a pensare agli slogan da usare con le elezioni alle porte. «Non intendiamo assolutamente introdurci in questa campagna elettorale per le regionali e amministrative con delle promesse di riduzioni delle imposte» ha detto Berlusconi. Il popolo delle libertà dovrà puntare quindi su qualcos’altro senza poter vantare, tra i risultati ottenuti, il tanto sognato taglio sulle tasse.
 
Tremonti è subito arrivato in aiuto dichiarando in un’intervista che la nostra fase economica è molto complicata perché «abbiamo il terzo debito pubblico del mondo e non la terza economia».
 
Strano che fino a pochi giorni fa la crisi economica fosse completamente superata. Ma non stupisce che anche la promessa elettorale su un fisco più leggero sia andata nel dimenticatoio. Perché è dal 1994, quando ben 16 anni fa Berlusconi “scese in campo”, che il premier fa promesse sulle tasse senza mantenerle e, qualche giorno fa, un articolo di Sergio Rizzo sul Corriere della Sera ricordava ai tanti smemorati italiani tutti gli impegni presi e non rispettati dal premier. Nella sua prima campagna elettorale Silvio Berlusconi proponeva un’aliquota unica al 33% per tutti con l’esenzione per i “poveri” (non meglio definiti). Ma non se ne fece nulla. Poi ci fu il contratto con gli italiani firmato nel 2001 davanti a Bruno Vespa in cui il presidente del Consiglio proponeva due aliquote, al 23 e al 33% (come fino a qualche giorno fa). La riduzione dell’Irpef sembrava dovesse partire nel 2003 ma la legge delega restò lì fino al 2005 per poi scadere senza mai diventare decreto legislativo. Evidentemente in Parlamento c’erano problemi più importanti da affrontare. Nel 2006 la destra si salva dal non rispettare le promesse solo grazie alla vittoria di Romano Prodi ma ecco che a marzo del 2008 Berlusconi, di nuovo al Governo, annuncia: «Introdurremo il quoziente familiare prendendo le risorse dall’evasione fiscale». Ma il rientro dei capitali dall’estero non ha portato fortuna, anzi c’è stato un calo delle entrate negli ultimi mesi con una spesa pubblica che è continuata a salire.
 
Così la crisi riappare anche nei discorsi del premier e in tempi di crisi, si sa, si stringe la cinghia e si spera nel futuro. Poi i mesi passano, tornano le promesse e ciclicamente anche le amnesie: non solo del premier ma anche degli italiani.

Leggi l'articolo completo e i commenti