Il gran complotto degli statali
par hyperlinker
mercoledì 2 dicembre 2009
Quella del complotto è una chiave di lettura che, in tempi come questi, si presta bene a chiarire molti aspetti del vivere collettivo. Ad un certo punto, ad opera di gruppi ristretti o intere categorie, avviene che si segua una linea di comportamento per interessi propri, senza badare al fatto che tali direttive ledano sempre più gli interessi della collettività . Con un intenso desiderio di giustizia e libertà , nonché di complessiva evoluzione sociale ed umana, mi premuro di segnalare il complotto di più vasta portata (globale) e di più lunga durata (dai tempi della dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America). Sotto gli occhi di interi popoli, gli statali di tutte le repubbliche del mondo l’hanno fatta franca fino ad oggi.
1) Lo Stato italiano, sarebbe a dire l’accentramento di potere nelle mani di una immutabile ed inamovibile élite, avente potere sovrano su popolazione e territorio, è stato da lungo tempo sostituito da un’organizzazione politica di dichiarata ispirazione democratica e repubblicana, pure tesa verso l’ulteriore sviluppo ed applicazione di queste due concezioni. La parola Stato è invero del tutto fuori luogo in riferimento al nostro Paese. Con essa si indica infatti il governo e l’amministrazione di una statica élite autoritaria. Al contrario i termini democrazia e repubblica qualificano un Paese in cui la sovranità appartiene al popolo, presupponendo di conseguenza una dinamica gestione collettiva del complessivo bene comune. Stato e repubblica sono di fatto concetti ed ideali socio-politici agli antipodi.
2) Pur sopraggiunte democrazia e repubblica sono però rimasti gli statali. Come niente fosse.
A fin di chiarezza concedetemi di ampliare un momento la visione. Nell’antichità, quando non vi era alcuna sviluppata organizzazione pubblica, i due concetti di democrazia e repubblica potevano pure limitarsi ad indicare un mero tipo e forma di governo, i cui ruoli venivano periodicamente restituiti al popolo per eliminare sul nascere il formarsi di qualsiasi élite. Con il sorgere dell’imponente funzione pubblica moderna, i concetti di democrazia e repubblica non avrebbero più, però, dovuto prescindere dalla periodica restituzione al popolo dei ruoli del pubblico impiego (i quali sono una proprietà collettiva, una autentica res publica, un sacro bene comune), attuando quindi una loro redistribuzione tra tutti quei cittadini che fossero dotati dei necessari requisiti e desiderosi di ricoprirli.
Senonché gli unici ufficialmente autorizzati a, perché con poteri tali da, far avanzare la società innanzitutto culturalmente, sarebbe a dire la dottorale compagine di ricerca umanista universitaria (filosofica, giuridica, politica, sociologica, storica, etc.) s’è evidentemente ben guardata dallo sviluppare ed applicare queste idee. Innumerevoli "baroni", come sono comunemente definiti per il carattere corrotto e feudale che ancora oggi contraddistingue il loro ambiente, essendo essi per primi degli statali, hanno evitato anche soltanto di avvicinarsi ai due concetti in grado di dissolvere ogni élite, badando invece a mantenere in ogni circostanza l’uso della parola Stato. Solo mantenendo il Paese in una situazione di parziale realizzazione democratica e repubblicana essi sarebbero riusciti a conservare il loro posto fisso con gli indebiti privilegi connessi. E così hanno puntualmente fatto.
Per un’Italia ed un intero mondo liberati dagli statali.
Per delle società vissute da liberi cittadini.
Per una partecipazione democratica.
Hip, hip, hip, hurrà!
Hip, hip, hip, hurrà!!
Hip, hip, hip, hurrà!!!