Fiat batte il resto del Mondo

par Paolo Praolini
giovedì 30 aprile 2009

Mentre la crisi attanaglia l’intero mondo dell’auto, PSA Group (Peugeot-Citroen) in Europa annuncia tagli per 10000 posti di lavoro, negli USA General Motors, oppressa dai debiti e sorpassata nel primato di volumi di vendita dai giapponesi di Toyota, è sull’orlo di un fallimento che secondo alcuni esperti del settore potrebbe portare alla perdita di 2.000.000 di posti di lavoro (indotto compreso), in Giappone anche Toyota piange per i segni della crisi che le farà espellere circa 4500 dipendenti.

Insomma, siamo vicini al superamento della soglia della sopravvivenza, oltre il quale alcune delle aziende automobilistiche mondiali dovranno cedere il passo alle più grandi e chiudere definitivamente la loro attività, è la legge del mercato.

Si chiama competitività.

Quando non si regge più la concorrenza con la gestione dei costi, il contenimento dei debiti, non si rimane all’avanguardia investendo con lo sviluppo di nuovi prodotti, non si generano nuove reti commerciali e strategie di mercato, si è destinati al declino in un mercato così pieno di insidie e sempre pronto a mietere vittime, soprattutto in momenti di rallentamento dell’economia, come quello che stiamo vivendo da mesi. Oggi è stato calcolato dagli esperti del setttore che la capacità produttiva mondiale di veicoli è circa il 30% superiore ai fabbisogni del mercato, pertanto i gruppi più piccoli e meno concorrenziali saranno costretti ad abbandonare la propria mission chiudendo i battenti. Nella lista di questi ultimi papabili era citato fino a qualche mese fa anche il gruppo automobilistico italiano Fiat, ma da qualche settimana molte cose sono cambiate.

E’ proprio da Chieti, una piccola provincia di quell’Abruzzo martoriato dal sisma del 6 Aprile scorso, che nasce la riscossa dell’Italia nei confronti del mondo.



A Chieti il 17 Giugno 1952 è nato Sergio Marchionne, attuale amministratore delegato del Gruppo Fiat.

Da alcune settimane quest’uomo ha messo in subbuglio l’intero mercato mondiale dell’auto. Pur avendo riportato una chiusura del 2008 con un utile netto di 1,7 miliardi di €, il gruppo Fiat non è rimasto fuori dalla crisi, e lo dimostra la cassa integrazione avviata da mesi in vari stabilimenti. A questo punto è spuntata la lungimiranza di costui che ha generato il pensiero non comune di cogliere il lato positivo della crisi  e cioè onde evitare di essere fagocitato da qualche grande gruppo, ha fatto lui il primo passo.

Dopo aver riscosso preventive opinioni di disponibilità ad una trattativa da parte del governo statunitense, Marchionne si è proposto come il salvatore del gruppo automobilistico Chrysler , scosso anch’esso dal vento fallimentare.

Proponendosi come fornitore di nuovi modelli di automobili più ecologici, come Fiat 500 ed Alfa Romeo Mito, e possessore del know-how tecnologico per la loro produzione, è riuscito a proporsi ed arrivare al fondo di una trattativa che oggi 30 Aprile potrebbe battezzare la nascita del gruppo FIAT-Chrysler con potenzialità da 4.700.000 veicoli l’anno.

Sotto la supervisione del governo americano, sia le banche che il sindacato hanno dato il loro consenso all’accordo che prevede che il 55% del capitale di Chrysler finisca in mano al sindacato dei metalmeccanici USA (UAW), la Fiat avrebbe il 35% in cambio dei nuovi progetti e del know-how, il rimanente 10% rimarrebbe a creditori ed al Governo americano.

L’intervento di Marchionne in questa difficile trattativa ha infastidito gruppi automobilistici di fama consolidata e rappresentanti di governi di tutto il mondo, che hanno visto prevalere Fiat nei confronti dei loro prediletti. Questa mossa però equivale ad una scommessa, pertanto non è esente da rischi, sia per Chrysler, che con molta probabilità dovrà passare per una gestione in amministrazione controllata e digerire un piano di forte ristrutturazione, ma anche per il gruppo Fiat che è già alle prese con la gestione della crisi generata dal crollo del mercato per la quale non si presentano prospettive future rosee. Ma in questi momenti se non si rischia si rimane al palo.

Al di là di tutto, che l’accordo si chiuda o no, risulta evidente agli occhi del mondo che per una volta ‘l’orgoglio italiano’ ha superato la bigotta rappresentazione dell’Italia legata a ‘spaghetti e mafia’.


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