Farouk: il diario del Diavolo

par Nicola
martedì 29 dicembre 2009

E’ notizia di poche ore fa: il Washington Post ha pubblicato, grazie all’aiuto di Facebook, noto social network, alcuni interventi e commenti di bacheca di Umar Farouk Abdulmutallab, il ragazzo nigeriano che nel giorno di Natale ha tentato di farsi esplodere sull’aereo destinato a Detroit e in partenza da Amsterdam. Non è nostra abitudine, quando ci ritroviamo davanti alla cronaca riguardante il terrorismo, analizzare il lato umano degli artefici e dei protagonisti delle vicende, si risolve tutto pensando che in ballo ci siano interessi riguardanti la lotta politica, la religione, la differenza di classe sociale. Sono questi i moventi che ci concedono o che sembrano più plausibili per noi.
 
Analizzando nello specifico le parole del giovane emergono particolari interessanti, malinconici, riflessivi che chiariscono un po’ il quadro riguardante il protagonista, in negativo, di questo fine 2009. Datati dal 2005 al 2007, i messaggi ritrovati disegnano il profilo di un ragazzo solo, depresso, senza alcun amico, emarginato socialmente forse dalla sua stessa religione. Il disagio di Farouk (questo il suo nickname), oltre alle classiche paure comuni riguardanti test universitari e il possibile futuro che si stava costruendo, riguardano anche nello specifico la sua religione, l’Islam. «Il profeta ha detto che la religione è facile e chiunque cercherà di caricarsi di un peso eccessivo non potrà continuare, così ogni volta che mi rilasso, mi trovo a deviare ed allora devo tornare ad impegnarmi ma poi mi stanco di quello che sto facendo, per esempio memorizzare il Corano, come posso trovare un giusto equilibrio?». Un peso troppo grande per lui? Perché allora sacrificarsi addirittura in nome di Dio? Le riflessioni sono tante. Il ragazzo, studente in una prestigiosa scuola britannica, aveva evidenti problemi di integrazione, forse per la mancanza di amici musulmani che seguivano la sua stessa fede, come si evince leggendo il resto dei suoi messaggi. Il gesto scellerato che ha provato a compiere non ha giustificazioni certo, ciò che viene lecito chiedersi è se questo ragazzo non avesse avuto tutte queste difficoltà in terra straniera come si sarebbe comportato poi col tempo, quale sarebbe stato il suo stile di vita, oltre a tentare di conciliare la sua vita, improntata all’Islam, con la vita occidentale? Una triste conclusione, non bastavano i fanatici religiosi.

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