Deflazione o disinflazione? Il 2009 nella sfera di cristallo

par chenying
venerdì 26 dicembre 2008

La prima fa male, la seconda bene, giusto per chiarire.

La deflazione è quella che tutti temono in questo momento, richiamando gli spettri della grande crisi del 1929: circola meno denaro, si blocca la domanda di beni e servizi, calano i prezzi. Diminuiscono così i ricavi per le aziende che reagiscono tagliando posti di lavoro e limitando gli investimenti, in una spirale che fa calare ulteriormente la domanda.

La disinflazione invece è il rallentamento del tasso di inflazione. E’ ciò di cui ha per certi versi beneficiato tutto l’Occidente negli anni scorsi, grazie all’afflusso di beni e servizi a basso costo da Paesi come la Cina e il Vietnam, e a politiche monetarie coordinate che hanno posto un freno all’inflazione: scendono i prezzi ma aumentano gli investimenti, e quindi l’occupazione.

C’è una bella differenza, si capisce. Nel 2009 cosa succederà?

Secondo Merrill Lynch, non ci sarà una vera e propria deflazione grazie alla reazione decisa dei governi e delle istituzioni finanziarie mondiali. Addirittura c’è il rischio che l’anno si concluda con un certo tasso di inflazione. Con una battuta, “il timore di deflazione è inflazionario”. Più o meno simili sono le opinioni espresse da Goldman Sachs e Morgan Stanley.

Anche JPMorgan non crede molto alla deflazione. Si sottolinea piuttosto che il crollo dei prezzi del petrolio e delle materie prime svolgeranno una positiva funzione disinflattiva.

Le analogie con la Grande Depressione sono secondo molti analisti ingannevoli, perché allora ci furono degli errori politici ben precisi. Innanzitutto, le maggiori istituzioni finanziarie mondiali rimasero inerti mentre si contraeva il credito e le banche fallivano una dopo l’altra.


Anche le politiche fiscali dei governi restarono passive - fedeli all’equilibrio di bilancio - e la spesa pubblica non stimolò l’economia, fino a quando Roosevelt non lanciò il New Deal nel 1933.

Ad aggravare la situazione, ci fu poi una guerra commerciale tra Usa ed Europa che prese il via con lo Smoot-Hawley Tariff Act del 1930, con un generale innalzamento delle tariffe doganali e il conseguente soffocamento del commercio internazionale.

Oggi i policymakers hanno fatto tesoro di quell’esperienza e dopo il fallimento di Lehman Brothers hanno cominciato ad agire affinché nessun maggiore istituto di credito faccia la stessa fine, con pacchetti fiscali di stimolo e taglio dei tassi d’interesse. Appare peraltro altamente improbabile che si verifichi un’altra guerra commerciale.

Unica voce fuori dal coro è Nouriel Roubini, secondo cui si andrà ben oltre la disinflazione. E’ vero, le aziende che abbassano i prezzi per svuotare i magazzini determinano all’inizio un calo dell’inflazione. Ma il parallelo blocco del credito e degli investimenti rischia di innescare il circolo vizioso. Nelle economie avanzate si arriverà pericolosamente vicini al tasso di inflazione dell’1%, limite sotto il quale si può parlare tecnicamente di deflazione.

La maggior parte delle analisi prevede tuttavia una fase recessiva fino alla metà del 2009, poi si tornerà a crescere.

Questo si legge nella sfera di cristallo. Almeno così pare.

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