Biodiesel, carbonio a piene mani

par Salva le Foreste
lunedì 26 ottobre 2009

Che il biodiesel (o biocarburante) fosse una panacea per salvare il clima, ci hanno creduto in pochi. La dispersione di fosfati e il petrolio impiegati per crescere, trasportare e trasformare i raccolti, rovescia in negativo il bilancio del carbonio. 

 

Quando viene usato, il biodiesel emette meno carbonio del petrolio della comune benzina, ma ormai il danno l’ha già fatto: per fare posto alla monocoltura della soia in Sud America, vengono abbattute ampie fasce di foresta amazzonica e di Cerrado (savana abustiva tropicale che costeggia la foresta amazzonica, essenziale a numerose specie animali).

In Indonesia e Papua Nuova Guinea sono le imprese malesi a drenare le foreste palustri e torbiere, per poi incendiarle e quindi farne piantagioni di palma da olio, mentre milioni di tonnellate di torba vanno in fumo, immettendo in atmosfera quantità immense di carbonio: è stato calcolato che, per questo l’Indonesia è diventata il quarto paese per emissioni di gas serra. Anche in Africa la palma da olio inizia a assediare le foreste pluviali. 

Ingenti investimenti sono distolti dalle energie rinnovabili e allocati sul binario morto degli agrocarburanti. Ben peggio va nei paesi tropicali, dove l’espansione delle piantagioni finalizzate al biodiesel, dalla palma da olio, al mais, alla jatropha, sta spazzando via foreste e torbiere, portando a un rilascio in atmosfera di milioni di tonnellate di CO2. Nuovi dati sono riportati in un Libro Bianco sul Biodiesel recentemente pubblicato dal Rainforest Action Network.


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