Berlusconi: rischio guerra civile. E il Giornale si schiera contro l’antimafia
par L’89
venerdì 27 novembre 2009
Spatuzzi da spazzare.
E Sputazzi di qua, Spatuzza per il 4. E il 5 tutti a Roma, e vabè, e il concorso esterno in associazione mafiosa. La pensiamo tutti uguale, pretendiamo uno, dieci passi indietro da parte di B. Solo: solo che non li farà mai. Fosse anche accusato e indagato per reati di mafia, mettesse anche in pericolo la faccia già color fango del nostro paese all’estero. Poniamo che la gente già sappia e, arrivata la conferma tribunalizia, se ne impippi.
Quattro gatti.
Si, perchè non è affatto difficile pensare che la gente, di collusioni politica-mala nelle alte sfere, ne sappia già. O se le immagini. E’ quel grumo di società civile, quei 4 milioni di cui sentivo dire di recente essere la fetta di popolazione informata, quella dei teatri, quella dei giornali, dei programmi d’approfondimento, dei cinema. Quelli: 4 milioni di persone si porranno il problema. O meglio, ne trarranno nuovo fuoco. Gli altri no.
Uber-Silvio
Io vi sfido a chiedere, domandare in giro e farsi un po’ il polso della strada. “E quindi?”, “Non è vero”, “Lo fanno tutti”. Ci si mettano, peraltro, i titoli di alcuni quotidiani (come dire) irresponsabili (?). “L’ultima trovata dell’antimafia“. Che – e non ci sono scuse – ammetterete essere una gran bella traiettoria secante, indelebile. C’è un “noi“, un “Silvio“, un “Iper-Silvio” mosso come pluralità del pubblico gaudente al governo, e c’è un’”antimafia“. L’antimafia che trama e s’interpella, che chiede a pentiti e congiura nell’ombra. L’occhiello del Giornale che v’ho presentato è vecchio di 2 giorni, nel silenzio tombale del circondario. Ed è pesante.
Anti-Anti = pro?
Pesante come visione ideologica e dicotomica della sfera pubblica: Noi contro l’antimafia. E ora si provi a dirmi che il contrario di questa non sia altro che la stessa senza il prefisso-negazione. Inutile: “se capita resto in sella”, penserà facendo, “se resto in sella nessuno crederà ai teoremi della magistratura, alle accuse dei pentiti, alle notizie che pretendono di essere pesanti”. Niente di nuovo o d’inventato, sia chiaro. 15 anni di illusionismo professionale bastano e soverchiano.
Un finale da caimano.
Un uomo di potere messo all’angolo, stravolto dalla rabbia, deciso a trasformare la sua probabile sconfitta con una tragedia nazionale. [...] Silvio Berlusconi ha smesso da tempo di parlare di politica, ha abbandonato il discorso agli altri, come se su quel terreno non si aspettasse più di convincere nessuno, per fare appello alla sola emozione. Anzi, a un’emozione sola, la paura. In questo è ancora bravo. Anche quando non aveva nulla da dire ai cervelli, e gli è capitato spesso, il Cavaliere è sempre riuscito a comunicare di viscere ciò che sentiva nel profondo. È il suo talento maggiore. [...]
Da qualche mese Berlusconi è in preda a una sconfinata paura, all’angoscia di perdere, a una sensazione di fallimento e impotenza. Reagisce come può un immenso narciso, con la negazione, la rabbia, l’insulto. Il populismo finisce sempre con il disprezzo per il popolo. Ma questo ha in corpo l’ultimo Berlusconi e questo soltanto riesce a esprimere, in ogni occasione, anche quando si sforza di sorridere, di recuperare in extremis l’immagine sognante, il sorriso, le promesse. Il dito puntato sullo spettatore alla fine dell’appello, dopo aver promesso l’abolizione dell’Ici e chissà cos’altro, voleva essere un gesto di sicurezza e fiducia. E invece è suonato allo spettatore per quello che era: una minaccia. [...] Allora è tornato al vecchio repertorio, le toghe rosse, il complotto del mondo intero, i brogli elettorali, il comunismo.Nessuno però più ascolta le parole, neppure i suoi elettori. Tutti guardano l’espressione, il volto, i gesti, e colgono il messaggio di paura.
Curzio Maltese, Repubblica, 7 Aprile 2006.