Berlusconi contro il "partito dei giudici"

par maurizio carena
sabato 12 dicembre 2009

"La sovranità in Italia è passata dal parlamento ai giudici di sinistra (...) e la Corte Costituzionale si è ormai trasformata in organo politico". Queste, testualmente, sono le incredibili dicharazioni di Berlusconi al congresso del PPE a Bonn (ANSA, 10 dic 2009) che ha poi stigmatizzato il fatto che "purtroppo abbiamo avuto tre presidenti della repubblica consecutivi tutti di sinistra".
 
Nell’udire l’ennesimo delirio dell’egoarca chiunque non sia in malafede o vittima della propaganda mainstream si domanda se tale soggetto non meriti il ricovero in ospedale per evidente follia piuttosto che l’arresto immediato per alto tradimento del suo Paese.
 
Berlusconi, secondo diversi pensatori, tra cui, per esempio, Sartori, è l’inventore di un regime nuovo in cui populismo e mass media convergono in una sinergia che nulla ha a che fare con la democrazia.
 
Naturalmente bisogna mettersi daccordo su cosa si intende con tale termine.
 
Se per democrazia intendiamo lo "spettacolo" (in senso debordiano) del suffragio, allora dobbiamo convenire che anche la Russia di Putin o la Colombia degli squadroni della morte sono "democrazie".
 
Se invece con "democrazia" intendiamo, come per esempio pensava Popper, la limitazione del potere, di qualunque potere, allora dobbiamo convenire che oggi in Italia viviamo in un regime finemente strutturato, sempre più totalitario, sempre meno "democratico". Anche se tutti i mainstream ci ripetono il contrario.
 
Soprattutto, dovremmo riconoscere che uno come il pluriinquisito di Arcore è l’antitesi stessa della democrazia.
 
Nella più antica democrazia (moderna) del mondo, gli USA, uno dei cardini della politica è il famoso (anche se non in Italia) principio del "check & balance", ovvero il bilanciamento e reciproco controllo dei poteri.
 
Negli USA il potere della stampa è sempre stato tradizionalmente diffuso e indipendente, gli editori puri sono stati (sino a tempi recentissimi) la norma non l’eccezione e non servono permessi o autorizzazioni governative per fare il giornalista. E i giornalisti, con le loro inchieste, possono fare cadere presidenti (Nixon docet).
 
Sempre negli USA il potere dei giudici è un potere, per certi versi, sommo ed indiscutibile. Appunto perché deve "contrastarne", limitarne altri.
 
Tralasciamo il discorso della "giuria popolare", che per un suddito standard del regime italiano è difficile non dico da accettare ma persino da capire. Ma ricordiamoci che le sentenze dei tribunali anglosassoni, specie negli USA, possono persino contravvenire e/o derogare alla legge, obbedendo a superiori istanze che si chiamano "giustizia" e "coscienza".
 
Negli USA, al tempo della guerra in Vietnam, alcune giurie hanno mandato liberi dei "disertori", e i principi di tali sentenze sono poi diventati legge.
 
E non sono casi isolati. Ci sono anche, per esempio, i casi come quello della Corte Suprema USA che nel 1971 dispose il dissequestro del Washington Post e del NY Times che, dopo le rivelazioni dei "Pentagon Papers" erano stati denunciati e bloccati dal governo (in guerra).
 
I giudici della suprema magistratura dissero che il Primo Emendamento, che garantisce la libertà di espressione, faceva ricadere sul governo l’onere della prova e questi non riuscì a dimostrare efficacemente che i due quotidiani attentassero alla "sicurezza nazionale".
 
Sono solo due esempi ma dovrebbero farci riflettere.
 
E’ la voce eterna di Antigone, che vive sempre dove la giustizia è o dovrebbe venire prima della legge. E’ la consapevolezza dei popoli liberi e di cultura, che sanno che il potere corrompe. Sempre. E molto potere corrompe moltissimo. Per questo esso va limitato. Forse l’Italia non rientra in tale tradizione.
 
La tradizione della divisione del potere è figlia dell’Illuminismo stesso. Rinnegarla, come fa Berlusconi, significa rinnegare quasi tre secoli del migliore pensiero politico moderno.
 
Thomas Paine sosteneva che il governo è un male necessario nella sua forma migliore, mentre in quella peggiore è un male intollerabile.
 
David Thoreau diceva che "il miglior governo è quello che governa il meno possibile".
 
Sotto questo aspetto il regime dell’uomo piu’ ricco del Paese, padrone di un monopolio mediatico senza pari al mondo è quanto di più distante ed alieno dalla democrazia che si possa immaginare.
 
Se Caligola fece senatore il suo cavallo Berlusconi fa parlamentari le sue "amiche" (Carfagna, per esempio), i suoi avvocati (Ghedini, per esempio), i suoi sodali, spesso per salvarli dalla galera (Dell’Utri e Previti, per esempio).
 
In comune restano i baccanali orgiastici, ma, tutto sommato, c’è da rimpiangere gli imperatori romani, (non i Marco Aurelio, persino i Caligola) piu "democratici" e di costumi più austeri rispetto alla degenerazione presidenziale attuale.
 
Degenerazione che non sarebbe immaginabile senza il lavaggio del cervello dei mainstream e segnatamente della tv.
 
E’ vero che Berlusconi l’hanno eletto gli italiani, un popolo sempre più vecchio, vittima di ignoranza di ritorno, perdita di valori, mancante di senso civico, ma non bisogna dimenticare che da 15 anni le tv Mediaset (e ultimamente anche la Rai) sono la grancassa dell’egoarca.
 
Il 90% degli italiani si informa (sic) con la tv.
 
Berlusconi è entrato in politica con una videocassetta, la stessa "comunicazione" di Osama Bin Laden e si fece sponsorizzare, nel lontano 1994, dai suoi canali tv, dai suoi presentatori stessi, (uno per tutti: Mike Bongiorno), usati per l’occasione come testimonial politici.
 
La strada ai Minzolini e ai Rossella l’hanno spianata i Mengacci e gli Sgarbi con le loro trasmissioni estremiste e gridate.
 
Purtroppo anni di lavaggio del cervello catodico cominciano a dare i loro frutti avvelenati.
 
Assioma numero uno. Qualsiasi propaganda garantisce un risultato. I pubblicitari lo sanno bene. Per questo Berlusconi è al potere.
 
E per questo può dire impunemente che "la sovranità in Italia è passata dal parlamento ai giudici". In realtà, e lui lo sa bene, tale sovranità è passata dal parlamento alla tv. E non da oggi.
 
Al premier non basta essere capo del governo perché sa che i suoi rapporti con la mafia, gia da tempo noti agli addetti ai lavori, stanno per diventare di dominio pubblico. Peggio, il suo braccio destro, già fondatore di Forza Italia, Dell’Utri, sta per essere condannato per concorso esterno in associazione mafiosa anche in secondo grado.
 
Berlusconi ha il problema che i giudici non guardano la tv e, quel che è peggio, lo giudicano in base alle prove e non agli editoriali dei direttori di rete di nomina governativa/padronale.
 
E questo è un grosso problema, per lui. Rischia di perdere consenso, rischia di perdere il potere, rischia la galera. Per questo abbiamo le sue dichiarazioni rilasciate a Bonn contro l’unico dei poteri dello Stato non ancora sotto il suo completo dominio.
 
In Italia si vota senza preferenza per i prestanome decisi dalle segreterie partitiche. Sono votazioni farsa in regime di bipartitismo competitivo, senza una reale opposizione. In Italia, con apposita legge elettorale, le parti più progressiste della società non hanno rappresentanza parlamentare.
 
In Italia si è creato un regime in cui una casta di notabili, ricchi e privilegiati, (politici, giornalisti, finanzieri) cerca di garantirsi la perpetuità del potere, naturalmente seguendo la legge. Tanto la legge se la fanno loro.
 
In questa fase storica l’unico problema, per il potere, è la Costituzione.
 
La Costituzione repubblicana è oggi il nemico numero uno della maggior parte dei parlamentari (destra e sinistra) e dei reali poteri che comandano veramente. Per questo il palazzinaro di Arcore, nel suo delirio di potere, vaneggia di cambiare la nostra Carta suprema.
 
Costituzione e magistratura sono gli unici due fili che trattengono l’Italia dal baratro della dittatura stile Nordcoreano. Non dovremmo cambiare la Costituzione. Dovremmo cambiare premier. Cosa difficile peraltro, visto che la "fabbrica del consenso" catodica del premier stesso impedisce il formarsi di un’opinione pubblica a lui ostile o comunque critica.
 
Vediamo infine cosa diceva un vero liberale, Tocqueville, più di un secolo e mezzo fa, a proposito della magistratura suprema degli USA.
 
"Nelle mani dei sette giudici federali stanno la pace, la prosperità, l’esistenza stessa dell’Unione. Senza di loro la Costituzione sarebbe lettera morta (...). Il potere di questi giudici è illimitato ma è un potere morale. Essi sono onnipotenti finché il popolo accetta di obbedire alla legge; non possono nulla quando la disprezza.(...). Il presidente può sbagliare senza che lo Stato ne soffra, perché ha solo un potere limitato. Il Congresso può sbagliare senza che l’Unione perisca, perché al di sopra del Congresso sta il corpo elettorale(...). Ma se la Corte Suprema venisse mai a essere composta di uomini imprudenti o corrotti, la confederazione dovrebbe temere l’anarchia o la guerra civile".
 
Possiamo immaginare quali uomini metterebbe nella Corte Costituzionale italiana, se dipendesse da lui, uno che ha avuto 16 processi, alcuni ancora aperti, diverse condanne ed è pesantemente sospettato di collusioni mafiose.
 
E possiamo immaginare in che senso modificherebbe la Costituzione italiana, quella Costituzione che Calamandrei ci ricordava che era nata nei bivacchi in montagna, tra i partigiani, vicino ai compagni caduti nella lotta e non nei salotti.
 
Quei salotti oggi vogliono cambiare la Costituzione. Vogliono stuprarla. Dobbiamo impedirlo.
 
 
 
 
 

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