Bankitalia: i veri numeri della disoccupazione italiana. Ma Sacconi non ci sta

par Phastidio
sabato 16 gennaio 2010

Se ai disoccupati si aggiungono le persone in cassa integrazione e coloro che hanno smesso di cercare attivamente lavoro uscendo così dai conteggi ufficiali, nel secondo trimestre 2009 la quota di forza lavoro inutilizzata era “superiore al 10 per cento”.

Lo calcola la Banca d’Italia nel suo ultimo bollettino mensile, ricordando che il tasso di disoccupazione nel terzo trimestre era al 7,3 per cento, in aumento di oltre un punto rispetto al 6,1 per cento della media dei tre mesi precedenti. A novembre il tasso era aumentato all’8,3 per cento. In sostanza, Bankitalia sta utilizzando l’equivalente della grandezza U-6 americana.

Secondo Bankitalia, infatti,

«per valutare compiutamente il grado di utilizzo della forza lavoro disponibile, ai disoccupati vanno aggiunti i lavoratori in cassa integrazione guadagni e le persone scoraggiate, ovvero coloro che non cercano attivamente un impiego e sono quindi esclusi dal conteggio ufficiale dei disoccupati, pur avendo una probabilità di trovarlo analoga a quella di questi ultimi. Stimiamo che, in questo concetto ampio, nel secondo trimestre del 2009 la quota di forza lavoro inutilizzata sia risultata superiore al 10% (10,2%), quasi 3 punti percentuali in più del tasso di disoccupazione (7,4%)».

Che è poi quello che vi abbiamo segnalato tempo addietro. Ma non ditelo a Sacconi, mi raccomando. Ma il Bollettino di Bankitalia contiene anche valutazioni sulle condizioni del sistema creditizio italiano. Il flusso di nuove sofferenze rettificate (che tengono cioè conto della posizione del debitore nei confronti dell’intero sistema bancario e non soltanto di un singolo intermediario) in rapporto ai prestiti complessivi, annualizzato e al netto dei fattori stagionali, ha raggiunto il 2,2 per cento, il valore più alto dal 1998. Anche la qualità del credito concesso ai consumatori ha continuato a deteriorarsi: il tasso d’ingresso in sofferenza ha raggiunto l’1,5 per cento (dall’1,3 nel secondo trimestre).

Sulla base delle informazioni preliminari, il peggioramento della qualità degli attivi bancari sarebbe proseguito anche nei mesi di ottobre e novembre. I prestiti alle imprese manifatturiere e a quelle delle costruzioni mostrano il deterioramento più marcato.

Come vi abbiamo segnalato anche in questo caso, il livello di sofferenze creditizie (analogamente al tasso di disoccupazione) è un lagging indicator rispetto al ciclo. Tende, cioè, a deteriorarsi anche quando il ciclo è ripartito. Come abbiamo evidenziato, è in questi casi che le banche tendono a stringere il credito, sul piano del volume delle erogazioni e degli standard di accettabilità dei richiedenti, frenando la ripresa.

Ecco perché servirebbe un intervento fiscale, anche una tantum, per permettere alle banche di aumentare la quota fiscalmente esente degli accantonamenti per perdite su crediti. Naturalmente, essendo il nostro paese in una crisi fiscale conclamata, anche se ufficialmente non si può dire, anche questo intervento non verrà realizzato.

Update – Ovviamente Sacconi non è d’accordo, e Bankitalia diventa immediatamente comunista. Se Sacconi osservasse meglio i sistemi di rilevazione statistica di altri paesi, vedrebbe che l’equivalente della cassa integrazione (cioè il fermo per cause tecniche e di forza maggiore) entra nelle statistiche di disoccupazione in America, che poi è anche il paese che utilizza più grandezze per definire la disoccupazione in senso lato, e la sottoccupazione, cioè U-6, ma non solo. Inoltre, Sacconi dovrebbe farsi spiegare (dall’Istat, che lo calcola) cosa è il tasso di attività, l’equivalente italiano del participation rate americano. Vedrebbe che all’Italia manca circa un punto di disoccupazione. E sempre restando nell’ambito della disoccupazione in senso stretto, il ministro potrebbe tentare di modellizzare quanta parte di quella cassa integrazione, straordinaria e/o in deroga, non sia in realtà disoccupazione mascherata.


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