Avatar. Benvenuti su Pandora

par Ambra Zamuner
mercoledì 20 gennaio 2010


Sono più le cose che si sanno, che quelle che si ignorano su Avatar. Ormai tutti conosciamo la tecnica utilizzata per dare vita alla storia, gli effetti speciali, i mesi di lavorazione e il duro impegno degli attori e del regista James Cameron.
Concentriamoci quindi sulla trama che vede l’ex marine paraplegico Jake Sully (Sam Worthington) giungere sul pianeta Pandora per sostituire il fratello in un gruppo di scienziati botanici. Il loro scopo è quello di studiare flora e fauna del pianeta, gli usi e il sistema sociale dei nativi, la tribù Na’vi, per supportare le ricerche di un minerale prezioso molto caro ad un’azienda americana.
 
 
Quando Sully sembra avere la possibilità di integrarsi nella tribù locale per carpirne i segreti,utilizzando un Avatar connesso con il suo corpo reale, il colonnello Miles Quaritch (Stephen Lang) decide di affidargli una missione da infiltrato, promettendogli un’operazione che gli restituirebbe l’uso delle gambe. La vita dell’ex marine si complicherà quando si legherà sentimentalmente alla principessa nativa Neytiri (Zoe Saldana) e alla spiritualità del luogo. Con l’aiuto della dottoressa Grace Augustine (Sigourney Weaver), la pilota Trudy Chacon (Michelle Rodriguez) e il collega- primo della classe Norm Spellman (Joel Moore) Jake tenterà di salvare il villaggio dalla furia distruttrice dei militari e degli interessi economici, puntando alla salvaguardia di un potere e di un equilibrio speciale che lega tutta l’Isola.
 
 
Se gli effetti speciali a volte fanno un film non è detto che poi nella lavorazione non si perda qualcosa.
 
Le tecniche utilizzate per concepire un film di tale portata hanno sicuramente aperto un nuovo mondo per quanto riguarda l’interazione fra spettatore e processo filmico. Le sensazioni, l’appagamento visivo e il fascino della terza dimensione sono sicuramente superiori a tutto ciò che si conosceva fino a questo momento e Avatar rimarrà un passo importante nella storia del cinema. L’elemento che forse si perde un po’ fra tutte queste innovazioni è proprio la sceneggiatura, che di solito sorregge una storia, che ci propone il solito colonialismo americano (stellare questa volta) e la voglia di supremazia senza il minimo rimorso, i colonnelli brutti e cattivi, la risorsa milionaria di cui impossessarsi e il tentativo di riscatto di chi si pesta per conquistarla.
 
 
Una vera e propria guerra fra ruspe, missili e bombe contro frecce avvelenate, animali corazzati e volatili colorati, l’uomo contro la natura argomento attuale, se non altro.
 
Riconoscibili anche i temi sociali: l’integrazione fra specie, la ragione e il sentimento, lo spirituale e il terreno, che si esprime al meglio nelle scene all’Albero delle Anime, sacro per i Na’vi poichè racchiude l’intero senso della vita e della sopravvivenza, attivato dal respiro all’unisono della comunità, in un rito pagano-africano splendido. Non è da sottovalutare quindi che ci sia un certo dualismo all’interno della pellicola: da un lato la sorpresa, lo stupore, elementi interessanti, innovativi ed emozionanti, dall’altro un senso di noia per una storia già vista in altre occasioni, con qualche scivolone da film americano stile "pallottole volanti e grandi macchine da guerra" che distrae e demoralizza.
 
Intanto è aperto il dibattito sulla notte degli Oscar: Avatar ha già conquistato la Hollywood foreign press association vincendo due Golden Globes come miglior film e miglior regia, certo i temi che fanno gola all’Academy ci sono tutti compreso il politically correct. Vedremo cosa decideranno nelle alte sfere, intanto noi, quelle piccoline che rimpinzano il box office, ci godiamo lo spettacolo dell’evoluzione del cinema, che un po’ mi spaventa, ma che non si può arrestare.

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