Annozero. L’economia in televisione

par Ettore Scamarcia
venerdì 27 febbraio 2009

In televisione l’economia è sempre stata la bestia nera di giornalisti e programmi vari. La tematica è complessa e di difficile comprensione, blindata come un Vaso di Pandora dalle lobby di banchieri, industriali e politici. La puntata di Annozero andata ieri in onda è lo spunto ideale per qualche importante constatazione.

Tutto ruota intorno all’economia. Nessuna guerra scoppia senza un motivo economico ben preciso, che però viene spesso occultato. I meccanismi, i periodi di crescita e di crisi, le borse. La chiave per comprendere la nostra società e il futuro che ci attende è certamente nella finanza.

L’economia è quella parte del giornale che la maggior parte di noi evita. Troppo difficoltoso cercare di addentrarsi nei suoi meandri, fatti di numeri e percentuali indecifrabili, rapporti e calcoli impossibili da rendere effettivamente. Eppure è molto più semplice di quanto sembri, sebbene gli economisti facciano di tutto per ingarbugliarla e renderla una materia ostica ai più.


Ad Annozero si è discusso della crisi e dei primi effetti che sta provocando sull’economia italiana ed europea.

Di certo il telespettatore, dopo aver seguito con attenzione la trasmissione e aver cercato di cogliere fino all’ultima sillaba, faticosamente fuoriuscita dalle labbra di Tremonti, a meno che non sia sprofondato nel sonno più pesante, si sarà posto la fatidica domanda: <<Embè?>> Infatti fra i lunghi e monotoni soliloqui di Tremonti, i botta e risposta fra i vari invitati, il poco tempo a disposizione per un argomento così vasto e complesso, la confusione, derivata anche dall’entrata in scena di un neodisoccupato come Enrico Mentana, è regnata sovrana. Le uniche cose che sono rimaste impresse nella mente di chi ha seguito il programma tv sono gli scontri avvenuti fra operai della Fiat di Pomigliano d’Arco e polizia presso un incrocio dell’A1, in seguito al blocco stradale eseguito dai primi, per protestare contro la decisione dei vertici della società di mandarli in cassa integrazione, e i toni e lo sguardo di un operaio napoletano.

I fatui discorsi del ministro non erano troppo difficili da comprendere per noi miseri mortali, ricchi com’erano di rivendicazioni delle "ottime" misure finanziarie intraprese dal Governo e di panegirici sulla presunta solidità del sistema bancario italiano. Forse perchè in Italia i reati economici sono divenuti quasi oggetto di gossip? Chissà...

Gli ospiti, e soprattutto il ministro Tremonti, ovvero il fiscalista del premier Silvio Berlusconi, non hanno minimamente fatto cenno dell’enorme peso che le organizzazioni criminali hanno sulla nostra economia. Non s’è fatta menzione poi del signoraggio, tema di fondamentale importanza se si vuol realmente capire le gigantesche contraddizioni e i paradossi della situazione monetaria attuale. Non si vuole ammettere che con l’attuale sistema economico non si va da nessuna parte: non si può infatti produrre all’infinito in un mondo che è per natura limitato. Ma si preferisce accollare le responsabilità sui consumatori sull’informazione, colpevole di diffondere sfiducia e allarmismo fra la gente.


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