A Lecce, un presepio d’alta scuola di semplicità
par roccob
mercoledì 30 dicembre 2009
Nell’incantevole cornice della Basilica di S.Croce, fiore all’occhiello dell’arte barocca che contraddistingue e impreziosisce il capoluogo salentino, in corrispondenza dell’altare a destra rispetto a quello centrale, trova posto, durante tutto il periodo natalizio, un piccolo ma speciale presepio.
Difatti, nel monumento sacro in questione, per precisa scelta del parroco e del rettore della confraternita che vi ha sede, la tradizionale rappresentazione della nascita di Gesù deve rispettare, con assoluta fedeltà, il semplice e naturale contesto ambientale in cui, due millenni addietro, si materializzò l’evento cardine della storia cristiana.
In concreto, la realizzazione di Giuseppe Arseni è basata, pressoché esclusivamente, sul riutilizzo di materiali. Così, cartoni/contenitori di elettrodomestici, rivoltati e verniciati con sabbione, tufo e calce, si trasformano in case e palazzotti. Involucri di sacchetti di cemento, opportunamente sagomati sopra un’anima di cassette di frutta, altri pezzi di cartone e rami d’albero, danno vita al paesaggio agreste. L’ambiente più importante, ossia la grotta della Natività, ha per colonne portanti frontali due cortecce di sughero, per intelaiatura e pareti strisce di legno di pallet e spessi cartoni, per copertura canne di mare stagionate, teli di juta ricavati da vecchi sacchi e frasche. Tutto al naturale, niente colori o additivi chimici. Il terreno è tappezzato, a tratti, con tufo bianco, sabbione e arbusti o cespugli; inoltre, di tanto in tanto, con macchie di muschio color verde scuro (in gergo dialettale, velluto), ricercato e colto pazientemente in angoli della campagna salentina non contaminati da diserbanti, defoglianti e robe del genere. Sullo sfondo del cielo, infine, una miriade di piccole stelle realizzate con minuscoli batuffoli di cotone, e anche ciò non è a caso, intendendo bensì ricordare che, sino a tempi non molto lontani, nel Salento si coltivavano anche piante di cotone.
Due brevi sottolineature. La prima è che Giuseppe Arseni, a parte il livello di bravura maturato con lo studio, l’impegno, la passione e attraverso l’esperienza di docente, è, come dire, un figlio d’arte proprio genuino: il papà faceva l’imbianchino (lattature, il termine dialettale), di fatto era un artigiano decoratore e pittore, e la nonna lavorava da fornaia, nei tempi in cui ogni famiglia si faceva preparare e cuocere il proprio pane, nel forno pubblico esistente in tutti i paesi. La seconda, è che di presepi se ne costruiscono tanti, e però quello della Basilica di S.Croce è davvero un bell’insieme, rievocante, con sicura impronta artistica, certe buone immagini del passato, insomma da visitare e ammirare, anzi da gustare.