Agenda setting e colpo di stato

par maurizio carena
venerdì 13 febbraio 2009

"In questa vicenda peseranno le firme messe e quelle non messe". Proferendo questa minaccia contro il Presidente della Repubblica italiana, il post-fascista Gasparri, capogruppo della destra contemporanea, ha fatto toccare alla rissa occorsa in senato, dopo la notizia della morte di Eluana Englaro, la sera del 9 febbraio scorso, il suo punto più alto o meglio, il più basso.

Poco prima il vicepresidente vicario dei senatori del centro-destra Quagliariello aveva sentenziato che, per lui, "Eluana Englaro non è morta, è stata ammazzata", sputando in faccia a una sentenza della Cassazione.

La vicenda è quella di Eluana Englaro, in coma da diciassette anni, a cui una sentenza definitva della cassazione permette l’eutanasia.

La bagarre nell’aula del senato, dove la casta si è quasi accapigliata, tra urla e spinte, specchio della contrapposizione del Paese, è stata preparata ad arte dal lavaggio dei cervelli tv dei giorni precedenti, in cui la crisi economica è scomparsa dai tg e dai giornali per lasciar spazio allo psicodramma collettivo: Eluana.

Forse mai, si era arrivati ad infervorare gli animi come stavolta.
 
Anche se, per qualcuno, lo psicodramma nazionale è una grande opportunità.

Anche Hitler, senza gli slogan contro gli ebrei, non sarebbe arrivato alle camere a gas (H. Arendt).
 
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Sesso, sangue e soldi; sono questi i temi che fanno gola ai mainstream media, ieri come oggi; mai come oggi.

Giornali e tv devono seguire la linea politica degli inserzionisti e dell’editore, selezionare le fonti, creare il contesto, ovvero quel "frame" entro cui la massa può e deve muoversi, poiché i cittadini, nel nostro sistema, devono essere spettatori; la partecipazione per loro, per noi, non è contemplata. I media devono solo, fondamentalmente, distrarre la massa.

Ma non sempre.

Ogni tanto il parco buoi televisivo deve eccitarsi, su comando di chi comanda; un po’ come il "minuto d’odio" mediatico di cui parla Orwell in 1984. Noi ci siamo raffinati e tale "minuto d’odio" può durare giorni, mesi, anni, a seconda delle esigenze del potere.

Ai tempi della guerra fredda bisognava eccitarsi contro il "pericolo rosso" ovvero i comunisti che, come ci insegnavano i media, mangiano i bambini e sono trinariciuti.

Poi, ci hanno messo davanti una nuova muleta, il terribile "terrorismo islamico", per il quale ogni marocchino lavavetri e’ un potenziale seguace di Al Qaeda.

Noi, massa amorfa di teleutenti, abbiamo sempre risposto più o meno egregiamente ai dettami della propaganda, eseguendo gli ordini subliminali dei media, come per esempio nell’aggressione all’Iraq. Ma anche Timisoara, incidente del Tonchino, Pearl Harbour, per dirne alcuni.

Perché non tentare quindi, approfittando di una contrapposizione etico-morale al calor bianco, di creare il nuovo "nemico" da strumentalizzare per tutt’altri fini?

Questo ha architettato Berlusconi lo scorso fine settimana. Un "minuto d’odio" contro una sentenza della cassazione, contro Napolitano, contro la Costituzione.

Poteva essere la volta buona.
Perche’ con un buon motivo tutto è possibile.

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Berlusconi ha tentato, sta tentando, di scardinare lo stato democratico e dare la svolta definitiva al suo totalitarismo mediatico: un regime tecnicamente nuovo ma che si colloca a pieno titolo nella tradizione italiana.
 
E può tentare di farlo perché ha in pugno un impero mediatico, una specie di nuovo "potere delle chiavi" che, al pari di quello che permise alla Chiesa di vincere sul potere secolare degli imperatori, gli permette di controllare l’opinione pubblica: di incatenare l’opinione pubblica.
 
Oggi la propaganda si chiama "agenda setting", pressioni economiche, selezione fonti, selezione e controllo dei giornalisti, direttori di testata organici al potere, abnorme concentrazione mediatica: sono questi i principali tratti distintivi del moderno lavaggio del cervello, le moderne "catene", quelle piu’ efficaci, perché invisibili, su cui poggia il potere.

Solo tenendo presente questa "catena", questo enorme apparato mediatico, che riunisce nel pugno di uno solo il 95% dell’etere generalista, oltre a diversi quotidiani e magazine, e’ possibile capire cosa e’ andato in scena negli ultimi giorni, ovvero trasformare una tragedia umana privata in psicodramma nazionale, da strumentalizzare in chiave golpista.


Il tentato colpo di stato tentato imbastito su un caso di eutanasia. 
Si può tentare quando i media surriscaldano l’atmosfera e il premier può ridurre tutto nella dicotomia amico-nemico.

Un premier, Silvio Berlusconi, che, come un volgare sciacallo, trasforma un dolore privato, quello di un padre che dopo 17 anni di coma vegetativo della figlia ne può finalmente "staccare la spina" in forza di una sentenza definitiva della magistratura, in un "instrumentum regni", per stabilizzare definitivamente il regime. Il dramma di Eluana trasformato da Berlusconi in un "piede di porco", per togliersi dai piedi i pochi contropoteri che, velleitariamente, tentano di frapporsi al principe totalitario.

Il rapporto diretto con le folle e finanche con Dio, per scavalcare tutto e tutti (LeBon), per consolidare il regime, coi più nobili pretesti, come salvare una vita. Pretesti etici, per uno stato etico.

Così come fece Mussolini, all’indomani del delitto Matteotti, nel discorso del 3 gennaio 1925. Così come fecero i nazisti nella notte dei cristalli il 10 novembre 1938.

Così come fanno tutti i dittatori di tutti i tempi, per scavalcare le leggi. Con monotonia.

Perché: "dio è con noi". "Gott mit uns". " In god we trust" . "In hoc signo vinces".

Ieri come oggi.
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Un Berlusconi che, sull’onda dell’eccitazione creata ad arte dalle sue tv, ha la protervia di dire in conferenza stampa che "sente il dovere di governare con la stessa incisività e rapidità che è assicurata ai governanti degli altri paesi", senza specificare quali; forse intendeva la Corea del Nord o la Russia di Putin, il suo "amico" che sospettato di far ammazzare i giornalisti e che riceve in villa in Sardegna.

Un Berlusconi che dice di "sentire l’obbligo morale di salvare una vita umana" e che quindi si riempie quella famelica pappagorgia ferina di principi antichi come lo stato di necessità e l’etica cristiana, mentre in realtà cerca solo il pretesto per poter sottomettere la magistratura al suo potere e perfezionare cosi’ il regime totale che va costruendo in questo paese.



Un Berlusconi che, nel suo delirio di onnipotenza, non esita a contrapporsi frontalmente al Presidente della Repubblica, quando questi gli fa sapere, per iscritto, che non avrebbe firmato un decreto che andasse contro la sentenza della magistratura. In tale eventualita’ il premier avrebbe riunito il parlamento d’urgenza (ad horas) per approvare in due giorni una legge stralcio che blocchi ipso facto la sentenza in questione.

Il premier ne ha poi approfittato per rimettere in agenda la modifica di una costituzione, quella italiana che, oltre a impedirgli di governare a colpi di decreto, sarebbe di stampo filosovietico, parola di Silvio Berlusconi.
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Il capo dell’esecutivo ha tentato, in un contesto reso incandescente dai maintream, il colpo di stato. Per settimane non si è espresso sul caso Englaro; i sondaggi gli dicevano che l’opinione pubblica era divisa trasversalmente e non gli conveniva esporsi. Poi il colpo di genio.

Aprire bocca per entrare a gamba tesa su tutto e tutti in nome della "vita umana" e tentare di far fuori l’autonomia della magistratura, che "condanna a morte una vita umana", e anche la figura del Presidente della Repubblica, se osa essere poco più che motivo di decorazione.

 Il suo cinico disegno non si e’ avverato solo perche’ la povera Eluana, la carne che avrebbe dovuto essere usata come patibolo per l’indipendenza della magistratura italiana, e’ morta prima di poter essere usata.
 E’ morta, per fortuna, prima delle invereconde strumentalizzazioni di quel cinico, orrendo vecchio, che sta riportando indietro questo Paese verso la sua tradizione di orrori, razzismo, ignoranza e guerra.
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Come osseva Marco Travaglio, se fosse passato il decreto d’urgenza dell’esecutivo per cancellare una sentenza della magistratura, un secondo dopo sarebbe terminato lo stato democratico.

Esso sarebbe stato il terribile precedente che cancella la divisione dei poteri della repubblica e la fa diventare a pieno titolo una tirannia.
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Berlusconi, del resto, ha passato tutta la sua vita politica a cercare di delegittimare il potere dei giudici, l’unico potere che non puo’ controllare direttamente come invece fa con parlamento, partito e opinione pubblica. 

Il "piazzista planetario di Arcore" (Montanelli) non ha difficoltà a vincere per tre volte le elezioni in questo Paese, nonostante i suoi processi e i suoi conflitti d’interessi, ma rischia la galera, a cusa di magistratura e Costituzione. Per questo serve Eluana, come pretesto per colpire i "volontari della morte", ovvero i giudici e, se capita tra i piedi, anche Napolitano. Cosi’ da far capire bene e una volta per tutte chi comanda.

Torniamo indietro di secoli: a Hobbes e a Machiavelli.

Mentre possiamo immaginare, con orrore, i veri sentimenti del premier verso la povera Eluana, che ha mandato in frantumi il suo "atroce scempio" (Scalfari).

Solo la mancanza di cultura democratica di un Paese ancora incrostato di fascismo può permettere che nella politica nazionale ci sia uno come Berlusconi,"ontologicamente antidemocratico"(Travaglio) e, nel contempo, artefice di "una terza repubblica basata su una nuova legittimità" costituzionale, un nuovo concetto di sovranità trasferito dal popolo al leader"(Mauro), il vecchio bonapartismo, che pensavamo ormai abbandonato.
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Ci sono Paesi che avanzano, sul cammino della democrazia.

Fanno ciò incrementando i diritti, scegliendo la pace, premiando il civismo e l’onestà.

Poi ci sono i regimi come l’Italia, che dopo una breve crescita civile nel dopoguerra ha cominciato, dagli anni ottanta un declino inesorabile.

Il craxismo ha incrementato a dismisura la pratica tutta italiana della corruzione e della commistione politica-economia, pratica che è stata continuata e perfezionata dall’erede di tale politica, Berlusconi, uomo amico di mafiosi come Mangano (boss conclamato) e Dell’Utri (condannato in primo grado a 8 anni di galera per concorso in associazione mafiosa).

Ed è quest’uomo che vuole cancellare la divisione dei poteri e cambiare la Costituzione scritta da pericolosi bolscevichi che combatterono il fascismo, come Leo Valiani (azionista e radicale), come Lelio Basso (PSI), come Vittorio Foa, antifascista condannato a 15 anni di galera, come Pertini, socialista che si fece una dozzina d’anni in galera, come Emilio Lussu, che si fece 5 anni di confino, prima di riuscire a evadere.

Forse l’ex mattonaro di Milano2 ci rimarrà male quando qualcuno gli dirà che, addirittura, tra i padri della nostra Costituzione "filosovietica" c’è anche un certo Umberto Terracini, integerrimo dirigente del PCI, condannato a decenni di galera dai tribunali speciali del duce e, in seguito, Presidente della Costituente italiana.
 
E’ coerente che chi vuole "ripulire" la Costituzione italiana da tali cascami comunistoidi sia lo stesso che usa, per i suoi sporchi maneggi di potere, un dramma umano, drammatizzato al parossismo. Perché non conta la vita umana: per Berlusconi conta solo il potere.
 
E poi per Berlusconi non serve la Costituzione o la divisione dei poteri: mai come ora egli ha gettato la maschera.

Il suo tipo di governo, non ne ha mai fatto mistero, è un forte, fortissimo esecutivo. 
Alcuni commentatori hanno parlato di bonapartismo e con ragione. Anche Napoleone III, dopo le elezioni fece il colpo di stato completo di esecutivo forte e nuova costituzione.

Il bonapartismo, come esecutivo forte, appello diretto del leader alle masse, guerra, demagogia, controllo dell’opinione pubblica, ben tratteggiato da Domenico Losurdo nel suo "Demodrazia o bonapartismo?" (Bollati Boringhieri 1993) è poi stato un sistema di governo molto popolare un po’ dovunque ma specie in democrazia.

Si pensava che il XX secolo avesse sufficientemente mostrato dove portano gli "esecutivi forti" se non ci sono dei limiti (le costituzioni). Ma ci sbagliavamo.
Nella deriva fascista dell’Italia, tra rigurgiti razzisti e post-fascisti al governo, abbiamo l’uomo piu’ potente d’Italia che vuole sfasciare il Paese per rifarlo come un’azienda: la sua. Decretazione d’urgenza e continuo voto di fiducia stanno sempre più esautorando un parlamento privo di reali funzioni e disabituando i cittadini-telespettatori alla pratica democratica.

Questa volta il colpo di stato è fallito, anche se per poco.

Ma quale sarà la prossima volta, il prossimo pretesto?

Siamo sicuri che potremo starcene tranquilli in poltrona, a coltivare il nostro orticello, sperando che ci vada bene anche la prossima volta?

Non lo so. Non credo. Per la libertà bisogna lottare. Sempre. Incessantemente.

Il premier non fa mistero di voler condurre l’Italia come un’azienda e le aziende, come ci ricorda Foucault, sono organizzazioni tiranniche.
 
Il recente passato fascista non ci ha, evidentemente, insegnato niente e, quindi, come dice Primo Levi, coloro che si dimenticano del proprio passato, sono destinati a ripeterlo.
 


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