W. e il suo “papi”

par Virginia Visani
venerdì 23 gennaio 2009

Si è mai sentito un figlio che litiga furiosamente con suo padre chiamandolo “papi”? Eppure l’altra sera la proiezione, su La7 tivu, di W. film su George W. Bush del regista Oliver Stone, si è visto e sentito anche questo.
Errore di doppiaggio, o “scivolata” del regista?
Comunque sia, il film non è certo valso la lunga attesa e nemmeno l’aspettativa che il reiterato annuncio dell’evento, cioè la proiezione di W. che nessun distributore ha voluto nelle nostre sale cinematografiche, ha creato e alla fine…ha deluso.
W. secondo nome di Bush junior (pronuncia Dabliu) è un film dalle grandi pretese e scarsissime virtù. In primo luogo i dialoghi: dipenderà forse dal doppiaggio piuttosto sciatto, come il ridicolo reiterato “papi”. Poi lo scarso spessore di linguaggio degli stessi dialoghi, monotoni e ininteressanti, confusi persino nei momenti più cruciali come il dibattito che precede la dichiarazione di guerra all’Irak.
Poi lui, W. interpretato da un mediocre attore che deve incarnare un giovane ubriacone, invasato e puttaniere, e invece risulta soltanto un goffo nevrotico, dai toni sempre sopra le righe con smorfie e cazzeggi violenti degni neppure del peggiore film western.
 
E dov’è il Bush-tentenna, insicuro, alla ricerca di un successo facile che lo faccia apparire agli occhi degli americani più valido del padre? E la tanto reclamizzata intenzione del regista Stone di voler fare un film sul W. “privato”, sulla sua dipendenza dal padre, sul suo conseguente alcolismo e successivo riscatto con l’autostima procuratagli dalla guerra a Saddam, dove stanno?

 
E’ vero che sin dagli anni ’70 i movimenti giovanili, femministi e studenteschi, credevano fermamente allo slogan “Il personale è politico”; ma per spiegare un presidente degli Usa e le sue disastrose azioni alla luce della sua vita privata e famigliare, ci vuole ben altro. Quella di Stone è un’indagine psicologica inesistente, disinvolta e superficiale.
 
Ci si chiede: perché aspettare che il presidente Bush uscisse di scena per proiettare questo film su di lui? Forse si temeva che alla visione di W. che tutti si aspettavano fosse all’altezza del miglior Oliver Stone (ricordiamo le sue gloriose pellicole precedenti su Kennedy e Nixon) si potesse incorrere in una denuncia? O piuttosto che il caricaturale W. potesse alla fine procurare al presidente uscente delle simpatie?
 
 

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