Voto in Italia: da un guitto a un comico

par Fabio Della Pergola
martedì 26 febbraio 2013

Primo: la sinistra ha vinto. Ha la maggioranza del voto popolare sia alla Camera che al Senato.

Secondo: la coalizione di centrosinistra ha perso per strada circa quattro milioni di voti rispetto ai 13.700 (PD+IDV+Arcobaleno) delle elezioni del 2008, se attribuiamo al campo di sinistra anche i 700mila voti di Rivoluzione Civile (che avrebbe potuto regalare clamorosamente la vittoria alla destra). Terzo: Berlusconi ha fatto una grande rimonta rispetto ai sondaggi che lo davano per “bollito” (ma non quelli della sua sondaggista che lanciava una ipotesi di soli 1,5 punti di svantaggio sul centrosinistra); ma nonostante una rimonta stupefacente ha perso per un soffio il voto popolare (fatale fu Oscar Giannino, il noto bilauretao che gli ha soffiato i voti necessari alla vittoria) anche se la sua coalizione si è aggiudicata un gran numero di seggi al Senato per via della legge elettorale che assegna i seggi su base regionale. Ma la coalizione di centrodestra ha perso per strada qualcosa come 7 milioni e duecentomila voti.

Il centro di Monti ha più o meno mantenuto quelli di UDC+FLI sommati. E l’astensione è aumentata: i votanti erano 37 milioni e 874mila nel 2008. Nell’ultimo week end sono stati 35.170.000 circa. Domanda: da dove vengono gli 8 milioni e 600mila che hanno portato il M5s ad essere il primo partito italiano?

Mancano all’appello 4+7,2 = 11milioni e 200mila voti rastrellati dalle maggiori coalizioni alle votazioni precedenti. Due milioni e 700mila sono andati perduti in maggiore astensione. Gli altri sono, precisi precisi, i voti di Grillo. Che dunque ha rastrellato i voti sia di qua che di là.

Ammesso che l’astensione sia equamente distribuita, si può immaginare che nella metà di sinistra ci siano un po’ di ex dipietristi che da sempre indossano la casacca del duro e puro (un po’ meno il loro leader finito alla fine fuori dal Parlamento); altri saranno probabilmente ex elettori di sinistra imbufaliti per l’appoggio a Monti e/o per la sconfitta di Matteo Renzi (lo scontento potrebbe avere perciò motivazioni diametralmente opposte); l’altra metà sono ex elettori di destra in gran parte leghisti insofferenti alle performance di famiglia Bossi + Cerchio Magico, con la Lega più che dimezzata; ma senza trascurare che l’impressione di un Berlusconi ‘bollito’ potrebbe aver allontanato anche tanti combattenti della destra più agguerrita. Così come il suo giro di ‘signorine’ potrebbe aver allontanato l’elettore medio, sensibile alla recente presa di distanza della Chiesa.

Quindi la vera novità è che il partito del comico genovese si caratterizza (e in effetti l’hanno sempre chiaramente affermato) per essere un movimento che “supera” la storica differenza tra destra e sinistra. Storica perché risale addirittura alla primissima fase di quella che sarebbe diventata la Rivoluzione Francese, nel periodo della Costituente, quando chi era favorevole a concedere al monarca il diritto di veto si sedette a destra del presidente e chi era contrario a sinistra. Da allora la destra ha contraddistinto le forze moderate e conservatrici e la sinistra quelle democratiche e progressiste.

L’Italia che ha conosciuto un voto democratico “compiuto” (comprensivo del voto femminile) solo dopo la guerra, ha manenuto la tradizione. Che non è priva di significato: esiste una differenza profonda fra le istanze sociali e culturali fra la sinistra e la destra, anche se negli ultimi decenni le differenze relativamente alle teorie economiche si sono assottigliate vistosamente.

Ma gente culturalmente di destra e gente culturalmente di sinistra potranno tranquillamente trovare un accordo sull’acqua ‘pubblica’ o sul far quadrare i conti di un piccolo Comune; o su un inceneritore, o sul trasporto pubblico. Già sarà più difficile sulla Tav. Quasi impossibile sul governo dei grandi fenomeni dell’epoca attuale come l’immigrazione; vedi la dibattuta questione sul diritto alla nazionalità di un bambino nato in Italia da una coppia di immigrati.

O sui diritti civili: basta ricordare l’esilarante esponente sardo del M5s che si è esibito tempo fa in una lunga disamina sul fatto che un matrimonio fra due uomini avrebbe aperto la società alla possibilità di un matrimonio a tre o a un matrimonio fra specie diverse (mi pare che parlasse di un uomo e del suo cane...). Chissà che ne pensano in Europa.

Staremo a vedere, non possiamo fare altro. Ma non è che il paese se la può prendere comoda; dopo aver perso decenni di riforme sbandierate e mai fatte e un anno e mezzo a inseguire la necessità di riformare il sistema elettorale salvo guardarsi l’ombelico (mentre il tassametro scorreva), il tempo pare veramente al limite dello scadere.

C’è solo da augurarsi che M5s e centrosinistra si accordino rapidamente su un programma minimo: nuova riforma elettorale subito e poi di nuovo al voto. A Grillo di sicuro converrebbe cavalcare l'onda vincente; per il PD sarebbe un grosso rischio, ma se gettasse Renzi nella mischia potrebbe ancora cavarsela.

Se poi, alla fine, Grillo piglierà davvero il 40% portando a casa il governo, staremo a vedere cosa saprà fare nella fase propositiva. Se in questa fase il cupo Casaleggio ci vorrà inserire davvero il referendum sull’euro, cominciamo a studiare il greco perché ne avremo bisogno. Auguri.

 


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