Viterbo, una sconosciuta: yallah!

par Doriana Goracci
domenica 24 giugno 2018

Il sabato c'è il mercato a Viterbo, al Sacrario, e se posso ci vado perché amo andarci dovunque sia: questa volta però il giro è stato più lungo lungo prima di tornare a Capranica, e alla fermata di Porta Fiorentina...

Camminando ho scoperto ad esempio che il Gran Caffè Schenardi ha riaperto le porte del suo locale ai civici 11 e 13 di Corso Italia, luogo di sosta e residenza dal secolo XV: ottima scelta di lieviti e brioches compresi gli ultimi gusti per i vegani, caffè servito con piccolo bicchiere di acqua e tutti i quotidiani al costo anche a tavolino di 2 euro...Poi andando avanti nel cammino ho visto tutti gli eventi musicali a cavallo con i primi di luglio del Festival Caffeina dove la Cultura nel centro medioevale è una compagna di cammino inesauribile.

E infine, con i pacchetti del ritorno... sono andata alla fermata sempre molto popolata a Porta Fiorentina. In pochi sanno che li a ridosso delle Mura c'è, a ricordo dell'8 giugno 1944,una lapide: "Nell'imminenza dell'arrivo degli Alleati in una città già assai provata dai bombardamenti, i tedeschi in ritirata trucidano tre cittadini: Giacomo Pollastrelli, Oreste Telli e "una donna rimasta sconosciuta". Così recita l'epigrafe della lapide posta a ricordo del fatto. Una figura, quest'ultima, che ha sempre incuriosito e colpito, poiché vittima ignota che si è voluto comunque ricordare all'inizio dell'elenco, alimentandone il mistero."

Torno alla fermata dove passano le vetture del Cotral che portano a Roma e tutto intorno nella Tuscia ed è un attimo di riposo come le chiacchiere che facevano le donne una volta al lavatoio: mi viene alla mente La Compagnia delle Lavandaie della Tuscia a "San Pellegrino in Fiore".

Torniamo a questo sabato 23 giugno: vicino a me sedeva una signora con un carrello per la spesa con viso aperto e cordiale e il velo in testa, ovviamente ho preso a parlare con lei nell'attesa della nostra corsa comune per un tratto. Era andata in visita del figlio trasferito per lavoro con famiglia, da Roma a Viterbo; lei tornava nella capitale consapevole di quanto fosse peggio per traffico, disordine e una certa aggressività neanche latente.

Mi ha raccontato di essere nata a Casablanca, e le ho detto che li era nata anche la mia bisnonna... il Marocco è stato l'unico paese dell Africa che abbia visitato. Poi lei mi ha detto di avere 61 anni e 3 figli, che si era sposata 40 anni fa con un ragazzo italiano, che qui da noi aveva lavorato e studiato. Le ho chiesto se aveva insegnato l'arabo ai figli e mi ha detto certo che sì, l'hanno sempre parlato a casa. Poi le ho chiesto se portava da molto il chador e mi ha detto che da quando le è morto il marito se l'è piazzato in testa per far capire che non è una donna libera anche se non è più una "pischella" (ride di gusto usando questo termine romano).

Allora le racconto io quanto mi accadde a 24 anni in Marocco, le richieste di matrimonio che mi facevano, i pizzichi continui al sedere, certe pretese di una guida acculturatissima e laureato a Parigi che pensava avrei accettato subito il suo invito... e i Monti dell' Atlante, la fierezza dei berberi, la dolcezza dei bimbi, le donne che mi offrirono da bere in tenda, quelle che lavavano al fiume con i compagni, al ritmo dei panni sbattuti sui sassi per far saltare lo sporco. Mi ha riferito che le cose sono molto cambiate e c'è una grande libertà di costumi ma se un uomo delinque e violenta finisce i suoi giorni in carcere.

Di fatto ho appreso da internet che alcune donne a Tangeri hanno scelto una campagna per ottenere dal governo e dal sindaco, una “spiaggia senza uomini per poter nuotare in conformità con la legislazione islamica che impedisce alle donne di mostrare in pubblico parti del proprio corpo“.

Poi ha aggiunto che tutti questi stranieri in Italia- lei c'è da 40 anni-l'hanno rovinata, tanto che lei viene appellata con insulti per strada, presa per un donna zingara, un musulmana integralista e poi chissà che porta in quel carrello, sibilano altre di tornare al paese suo: lei ci vive, come spiegarlo?

Ero con un'amica sul bus e quando è arrivata la vettura malandata, come tutte quelle che attraversano la Cassia piena di buche, lei, l'afro italiana mi ha detto che si sarebbe seduta dietro a noi. Le ho chiesto il nome e mi ha detto Zaira, io le ho detto Doriana. Ha aggiunto quando stavo scendendo che era stato un'onore per lei. Ricambiato cara Zaira, e scambiarci francobolli di vita ci può solo fare del bene, come in qualunque mercato del mondo dove una donna appoggiandosi un vestito addosso , ti chiede "come mi sta?" e non c'è bisogno di conoscere la reciproca lingua, basta il sorriso: lavar cantando. Ci si intende, yallah!

Doriana Goracci


Leggi l'articolo completo e i commenti