Vita segreta di uno spacciatore di Cannabis
par Guelfo Magrini
lunedì 16 ottobre 2017
Quella mattina mi ero alzato ottimista; sono corso nell'orto e ho ammirato le mie piantine d'erba che crescevano felici in ambiente protetto. C'era un'enorme cavalletta su una foglia e aveva preso lo stesso colore, l'identica tonalità del suo giaciglio vegetale; l'ho subito fotografata, sembrava un simbolo di adattamento esistenziale all'ambiente naturale...
Lasciare che mafiosi albanesi, o incolti militari di leva e servitù ignorante contaminino l'assoluto coltivando Cannabis come se fosse fagiolo mi appare oscenamente stupido. Rivendicavo il diritto di produrre essenze vegetali utili e benefiche e di poterle mettere sul mercato nel momento che cessassero le ipocrisie proibizioniste, sfociate nel terrorismo di stato, e che si potessero premiare eccellenze, come nel mondo del vino e del Made in Italy di qualità, come accade ormai in una miriade di nazioni evolute? Bei sogni, fraintesi da proposte di legge finite nel cestino dei rifiuti troppe volte grazie a impostori che governano illegalmente a discapito della maggioranza dei cittadini di questo paese, come ha sancito la stessa Corte Costituzionale.
Nel frattempo avevo da fare molte altre cose, doveri prima dei piaceri, finire di costruire una casa per i miei figlioli e garantirgli la socialità e la scolarizzazione necessaria, supportare i marchi di Brunello più interessanti attraverso iniziative e articoli, seminare ortaggi biologici, raccogliere e frangere olive biologiche, propagandare metodi di coltivazione a zero impatto ambientale...bonificare territori compromessi dalla mala gestione agricola degli ultimi 50 anni, realizzandovi oasi di biodiversità, cose che ho sempre fatto da 40 anni a questa parte...
E invece sono arrivati loro e mi hanno definito spacciatore. Hai voglia a spiegargli che quei fiori mi servivano per ammortizzare gli effetti delle gravi malattie che mi avevano colpito negli ultimi anni, hai voglia a mostrargli l'utilità della piccola serra per l'economia familiare e il suo uso per coltivare i più disparati ortaggi. Mi hanno obbligato a smontarla facendomi capire che se facevo quel che mi dicevano non mi avrebbero arrestato. Cercavano continuamente di farmi passare per un pericoloso criminale mafioso, volevano prove di spaccio, bilancine, confezioni di droga e soldi in contanti, come nelle cronache giornalistiche alla moda...ma oltre alle piantine niente hanno trovato e il contatto con la mia personalità innocente li stava mettendo in imbarazzo assai. Consigliavano che patteggiassi, che riconoscessi la mia colpa e sperassi in un giudice clemente. Li ho delusi, io non riconosco questa legge liberticida e mi oppongo con tutte le mie forze residue a questa barbarie.
Mi condannino pure, i criminali restano loro.