Vita da rappresentanti di lista

par Francesco Zanfardino
martedì 9 giugno 2009

Eccomi qui, dopo un tour-de-force elettorale di tre giorni (da me, Afragola, si è votato anche per le elezioni provinciali di Napoli). Come promesso, oggi vi parlerò di "fatti e misfatti" elettorali, ovvero ciò che ho potuto constatare con la mia attività di rappresentante di lista (l’analisi del voto la farò domani).

Innanzitutto, il voto "plurimo". Ovvero la possibilità di brogli elettorali tramite persone che votano più volte. Il primo caso è il più classico: "pacchetti" di schede elettorali comprate (mediamente a 50-100 euro l’una, dalle mie parti) e fatte votare ad una stessa persona. Questo grazie alla possibilità che l’elettore possa venire riconosciuto anche senza documento d’identità, poichè è sufficiente la conoscenza personale di uno dei membri del seggio. E, dato che quest’anno è cambiata la legge elettorale sulla nomina degli scrutatori, non più nominati con sorteggio ma con nomina diretta dei partiti, capirete facilmente come è facile imbrogliare: basta recarsi con la scheda elettorale altrui in un seggio, dire "uh, mi sono dimenticato la cartà d’identità", lo scrutatore compiacente dirà "vabbè, lo conosco io", e così il truffatore potrà votare tranquillamente. Andrebbe cambiata la legge: innanzitutto dovrebbe tornare il sorteggio per la nomina degli scrutatori, ma soprattutto andrebbe eliminata la possibilità di votare senza documento d’identità (si, magari è un po’ radicale, però non si può far finta che le truffe non esistano e lasciare le cose come stanno).


L’altra possibilità, più limitata, è quella di far votare i rappresentanti di lista più volte. Forse ne avete sentito parlare proprio in questi giorni, visto che proprio a Napoli è emersa qualche denuncia e qualche caso vero e proprio. Questo perchè i rappresentanti di lista possono votare nei seggi dove svolgono la propria attività. Così, un partito furbo può mettere come suoi rappresentanti persone in sezioni cui non appartengono: a quel punto il rappresentante vota nel suo seggio d’appartenenza, poi va all’ufficio elettorale facendosi fare un duplicato della tessera elettorale (dicendo d’averla smarrita) e rivotare nel seggio di rappresentanza. D’accordo, la partecipazione al voto verrà segnata nei verbali di entrambi i seggi, ma i controlli incrociati richiedono mesi, se non anni (sempre che si facciano). Per risolvere la situazione, innanzitutto andrebbe eliminata la produzione di duplicati delle tessere durante le votazioni, poi andrebbe eliminata la possibilità di votare per i rappresentanti di lista in seggi non propri o, perlomeno, andrebbe introdotto un sistema telematico che permetta di verificare sul momento se il rappresentante ha già votato nella sua sezione, oppure dare la possibilità ai rappresentanti di lista di accedere alla parte dei verbali dedicata ai rappresentanti che decidono di votare nel seggio di rappresentanza (così che gli avversari possano controllare).

Altro problema riguarda esclusivamente le provinciali (ed immagino tutte le elezioni in cui ci siano dei "collegi"): ovvero che i rappresentanti di lista possono provenire da collegi diversi da quello di rappresentanza. Capirete che, in questo modo, candidati al consiglio provinciale di un collegio possano sfruttare i voti di parenti ed amici che abitano in altri collegi mettendoli come rappresentanti nel proprio collegio. E farli votare lì, ovviamente. Anche qui, o andrebbe eliminata tale possibilità, oppure andrebbe introdotto un sistema telematico.

Andiamo infine poi allo scrutinio e, in particolare, all’annoso problema dei "segni di riconoscimento". Qui sul banco degli imputati c’è la perversa, quanto nobile, "interpretazione della volontà dell’elettore". Ovvero il principio per il quale passa di tutto e di più: schede provinciali con scritto sopra il nome di candidati europei (se c’è la X sul simbolo della lista, valgono) e persino nomi di fantasia, e viceversa; voti al presidente della provincia validi anche se ci sono diverse X su diversi simboli della coalizione; cerchietti pieni e vuoti, o semplici scarabocchi non numerici, ammessi come semplici X; eccetera eccetera. Tutti meccanismi artificiosi che necessiterebbero una normativa più restrittiva: forse è meglio sacrificare sull’altare della trasparenza del voto la volontà di qualche elettore che non sa nemmeno che diamine sta facendo.


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