Virginia Raggi, il M5S e Roma Kaputt Mundi

par Fabio Della Pergola
giovedì 9 giugno 2016

Una giovane donna di nome Virginia Raggi, candidata del M5S alla poltrona di sindaco più importante d’Italia, si è trovata (in)aspettatamente a confrontarsi con concorrenti di profilo così basso che il suo successo pare proprio pianificato a tavolino.

Cosa che, d’altra parte, aveva preconizzato allarmata la sua collega di partito, Paola Taverna solo quattro mesi fa: «A Roma c’è un complotto per farci vincere». Affermazione che aveva suscitato parecchie ironie dal momento che, di solito, i complotti sono “a far perdere”, non il contrario.

Ma era un’ironia mal riposta.

Perché dobbiamo invece fare la banalissima osservazione che il Partito Democratico, dopo il caos della pubblica defenestrazione di Ignazio Marino, lo scandalo di “mafia capitale” (che ha visto coinvolti spalloni di centro, di destra e di sinistra in un giro di malaffare a sei o sette zeri) e così via, non ha candidato una personalità di primissimo piano dell'intellighentia, dell’economia, della cultura o della vita pubblica dalla moralità ineccepibile, dal curriculum specchiato e da intonsa immagine di levatura internazionale, ma un "personaggetto" minore, onesto quanto aduso al piccolo cabotaggio nella politica nazionale di secondo o terzo livello.

Ed è altrettanto ovvio osservare che, specularmente, l’opposizione di destra ha ritenuto opportuno dividersi proprio ora. Da una parte la bagarre di una lista berlusconiana capeggiata prima dall'impresentabile Bertolaso (famoso per i balconi pencolanti nelle New Town dell’aquilano) e poi da Alfio Marchini, evanescente erede di una ricca famiglia di palazzinari paleocomunisti. Dall’altra parte s'è vista l'ingrugnita esponente della destra in camicia e nera e olio di ricino, buzzurra quanto basta e sufficientemente bionda da sembrare l'imitazione di una Le Pen (rigorosamente all’amatriciana).

Se le due osservazioni sono sufficienti è lecito quindi supporre che né destra né centro(sinistra) vogliano vincere e che il complotto quindi non solo è esistito, ma è anche attivo e procede con allegra intemperanza.

Ergo Virginia Riggi salirà sulla poltrona più alta e pericolosa d’Italia, dopo quella di palazzo Chigi.

Poi tapperà qualche buca e asfalterà due o tre strade. Forse riuscirà anche a ripulirne qualcuna dai rifiuti accumulati prima che comincino a farle la guerra, quella vera: a questo servono i complotti, no?

Perché se c’è stato complotto non è difficile capirne la finalità: disinnescare la bomba Cinque Stelle prima delle prossime elezioni politiche. Prima cioè che il Movimento raccolga vittoriosamente quella massa impressionante di malcontento incarognito che ammorba l’aria nel nostro paese “per tanti e diversi motivi” (come diceva Guzzanti).

E la guerra contro Virginia Raggi sarà dunque senza esclusione di colpi, a far male davvero. Perché si deve a tutti i costi dimostrare che il movimento di Grillo è incapace, è ingenuo, è inefficiente, cialtrone, pressapochista, velleitario, imbelle, ideologico fino al parossismo, autoreferenziale, ossessionato dal rendiconto degli scontrini del bar e altro ancora.

E che quindi non può governare il paese. A nessun costo. Perché così si vuole colà dove si puote ciò che si vuole.

Lo dico (e l’ho scritto senza tanti peli sulla lingua, fino ad finire nel mirino di qualche beota grillino) senza aver nessuna simpatia per la mentalità fascistoide di Grillo (che dichiarò di essere animato da un agghiacciante "l'ottimismo della catastrofe", cosa ben diversa dal mantenere l'ottimismo anche "nella" catastrofe, se ancora capisco l'italiano).

O per i deliri apocalittici di Casaleggio padre (ricordate Gaia?) e il suo entusiasmo per Gengis Khan, il più sanguinario sterminatore di massa prima dell'invenzione della polvere da sparo.

E, ancora, per le manovre per niente trasparenti della gestione privatistica del movimento (che controlla, senza controllo, i voti dei "cittadini"), per le espulsioni a raffica (a volte anche in palese violazione delle stesse regole interne), per le ignobili gogne ai giornalisti non allineati, per il razzismo e l’antisemitismo strisciante, per il becerume giacobino e ghigliottinardo dei militanti che traspare dal blog, per la pretesa (che ritengo tuttora demenziale) che si possa davvero fare una politica "oltre" le categorie di destra e sinistra.

E, infine, per la fideiussone da 150mila euro che Virginia Raggi ha sottoscritto impegnandosi a non essere disubbidiente ai diktat di un padre-padrone (che è ben altra cosa dalla disciplina di partito che, quantomeno, veniva stabilita in consessi ampi e strenuamente dibattuti).

Tutti motivi per cui alle elezioni (politiche) piuttosto che votare M5S mi amputerei una mano.

Ma questo non toglie che il Renzusconismo sia una tremenda iattura per il paese. Facilitato dalla demenziale inconsistenza di una sinistra-sinistra capace di osservarsi l’ombelico per decenni, convinta davvero di avercelo d’oro foderato di diamanti (cosa che da ragazzi si diceva di certe signorine eccessivamente e inutilmente narcise).

Può darsi che Virginia Raggi abbia gli attributi in acciaio temperato Krupp foderato in fibra di carbonio e rivestiti di Kevlar antiproiettile e che possa perciò resistere a quel che le piomberà addosso. Glielo auguro. Così come faccio i miei più sinceri auguri ai cittadini romani. Ne avranno bisogno.

Ma mi si perdonerà un certo pessimismo ed anche una per nulla convinta empatia per le sorti del movimento di quell'arruffapopolo di Grillo.


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