Vincono gli Uniti Stati d’America

par Riccardo Specchia
mercoledì 3 novembre 2010

Il partito repubblicano degli Stati Uniti d’America ha ottenuto con decisione la maggioranza alla Camera dei rappresentanti. Il Senato resta nelle mani di Obama se pur ridotto ai minimi termini.

Barack Obama, in base ai risultati e alle proiezioni che incessanti arrivano dai network americani, dovrà confrontarsi duramente con un risultato storico. La Camera, infatti, potrebbe aver ottenuto una vittoria schiacciante, con un distacco di 60 seggi, che non si registrava dal 1938.

Si fa largo dunque una soluzione repubblicana che a quanto pare non ha lasciato indifferente il popolo americano. I Tea Party antitasse. Già di grande successo in Senato e alla Camera, conquistano anche la South Carolina, dove è stata eletta governatore Nikki Haley, appoggiata dall'ex candidata vicepresidente Sarah Palin. 

L'Obama che aveva reagito con grande senso dell'umorismo alle vignette e alla satira nelle settimane di avvicinamento al Midterm, deve fare i conti con l'imbarazzo per la perdita del suo ex seggio senatoriale dell'Illinois, conquistato dal repubblicano Mark KirkChicago dunque disconosce il suo leader.

Altra questione di riflessione, per il presidente "buono", è il governatore uscente dell'Ohio, da sempre uno Stato chiave, bocciato da quello che è stato considerato dagli esperti come un referendum decisionale per la buona condotta dell'amministrazione democratica.

Una nota di merito Democratica che mitiga il "maremoto Repubblicano" previsto da tutti gli opinionisti mondiali, è la vittoria di Andrew Cuomo per la poltrona democratica di governatore dello Stato di New York.

Dunque l'America capace di reinventare soluzioni di pura e semplice continuità, ponendo il Voto come rappresentazione massima di un paese mai in ostaggio da beghe di potere. 

Ci si imbatte in alcune riflessioni. Queste solo per avvicinare un po' di più le scelte che da sempre gli americani riescono a fornirci. 

Ma perché in America esiste sempre un'alternativa? Ma perché la patria unita d'America può, a metà mandato, decidere e scuotere un presidente fermo alle promesse? 

E soprattutto perché in Italia no? 

Quando Il governo Bush vinse per la seconda volta le elezioni, ricordo ancora le prime pagine, si diceva che vinse l'America profonda quella dei conservatori e delle lande sconfinate, quella del lasciamo tutto com'è che non si sa mai. Vi erano interessi che andavano ben oltre il singolo cittadino statunitense ma i repubblicani furono bravi a parlare il linguaggio del popolo colpito a morte dal terrorismo. 

Successivamente con Obama il cittadino ha cercato l'emancipazione. Bush e la sua cricca, con qualche responsabilità geopolitica in più del nostro Berlusconi, non reggeva più il confronto con un'America emancipata, riabilitata al pensiero e in cerca di nuove soluzioni. Si decise perciò di cambiare i codici e i linguaggi della lotta politica. Vinse Obama. Vinse il pensiero condiviso per raggiungere la soluzione condivisa. 

Oggi, infatti, il solo confronto tra una soluzione che sia politica, sociale o elettorale come i TeaParty al cospetto dei truci Bunga bunga party di alcuni dirigenti europei non può che farci perdere la gara per la democrazia a tavolino.

L'America ha vinto sempre e comunque.


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