Villari è la perfetta dimensione del Pd

par Antonio Vergara
martedì 18 novembre 2008

Se l’Italia fosse un paese serio non si parlerebbe nemmeno della Commissione di vigilanza parlamentare della Rai. Anzi, forse nemmeno esisterebbe una commissione che deve controllare l’operato di un CdA nominato dalla stessa politica. La commissione di vigilanza è un organismo di estrema inutilità, tuttavia chi viene eletto presidente gode di grande visibilità: è per i titoli sui giornali che si accapigliano per sedersi su quella poltrona. Riccardo Villari è un Senatore del Pd, eletto a capo della Commissione di cui sopra grazie ai voti del centrodestra. Tutti i vertici del Pd subito dopo ne avevano ordinato le dimissioni immediate perché Villari non è la persona designata per quel posto. Ci sarebbe dovuto andare Leoluca Orlando, uscito sconfitto dopo che il centrodestra aveva posto il veto alla sua elezione. Piuttosto inspiegabilmente, visto che sulla stessa poltrona loro avevano portato gente come Landolfi e Storace. Eppure Villari non si dimette, anzi oggi fa sapere che la soluzione all’impasse è la sua conferma a capo della commissione. Dice: «La linea è una. Ho preso questa decisione, spero di riuscire a spiegarla al mio partito. Penso di non essere il problema, ma la soluzione. Se si trova un’altra soluzione condivisa, allora io non ho nessun problema». Ovviamente la linea condivisa è quella che prevede lui come presidente. L’unico tra i maggiorenti che non si è espresso è Rutelli, che è guarda caso è anche il leader della corrente degli ex margheritini cui appartiene il napoletano Villari. Rutelli così incasserebbe la seconda commissione destinata all’opposizione, dopo la sua elezione alla commissione sui servizi (copaco) a pochi giorni dalla solenne trombatura nelle amministrative di Roma. Se vogliamo, Villari è lo specchio della politica italiana fatta di tanti De Gregorio, ed è anche lo specchio dell’inconsistenza del Pd. Un partito non partito, diviso da mille correnti che da un momento all’altro potrebbero staccarsi. Villari contesta apertamente la parola del segretario nazionale per mero interesse personale, altrove gli sarebbe costato l’immediata espulsione. Qui invochiamo addirittura il Presidente della Repubblica come arbitro tra l’opportunismo e la morale.


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