Vietato lavorare: sono 260mila i bambini lavoratori in Italia

par Lucia dF
mercoledì 12 giugno 2013

Oggi, 12 giugno, si celebra la giornata mondiale contro il lavoro minorile. Per questa ricorrenza l’Unicef ha diffuso una stima secondo la quale in tutto il mondo sono 150 milioni i bambini lavoratori di età compresa tra i 5 e 14 anni. 

Questo fenomeno è particolarmente diffuso nei Paesi in via di sviluppo, sintomo e al tempo stesso causa di povertà e disagio sociale, come ha sottolineato il Presidente dell’Unicef Italia Giacomo Guerrera. Save the Children, insieme all’Associazione Bruno Trentin, ha reso noti oggi a Roma i dati preliminari di un’indagine sul lavoro minorile circoscritta all’Italia. Il quadro che se ne ricava è scoraggiante: in Italia lavorano all’incirca 260mila minori sotto i 16 anni e 30mila sono i 14-15enni a rischio sfruttamento, con un tasso che incrementa mano a mano che cresce l’età. Anche in un Paese economicamente avanzato come l’Italia, il lavoro minorile rappresenta una fetta non trascurabile del lavoro sommerso (ne costituisce il 15% secondo uno studio dell’ISPESL pubblicato nel 2008). 

Si tratta di un fenomeno tanto più spinoso e difficile da estirpare in quanto molto eterogeneo, parallelo a manifestazioni più ampie di malessere sociale: la povertà crescente delle famiglie, l’economia in recessione, l’incapacità delle autorità e delle istituzioni scolastiche a offrire una possibilità concreta di formazione e successivo inserimento nel mondo del lavoro... 

I minori che lavorano sono confinati a isole di disagio situate ai margini della società. Emarginati e inconsapevoli, non hanno per lo più coscienza di essere vittime di un sistema di sfruttamento. Quasi 3 minori su 4 lavorano infatti all’interno del nucleo familiare; la restante minoranza è impiegata soprattutto nel settore della ristorazione, in attività di vendita o nelle campagne. Lo spettro delle attività svolte varia molto per genere, regolarità (il 40% sono lavori occasionali e discontinui) e per grado di pericolosità: dal venditore ambulante al baby-sitter, dall’aiuto-elettricista al giovane muratore che, sveglio prima dell’alba, si carica 10 o 15 kg sulle spalle prima di salire sulle impalcature.

Il lavoro minorile si radica così nel vuoto che la scuola e la famiglia lasciano non sapendo adempiere al dovere di formare e dare un futuro ai propri giovani. Tutto il contrario di un’esperienza formativa, questo fenomeno attenta alla “salute, sicurezza e integrità morale“ dell’individuo e si rivela difficilmente reversibile. L’esperienza di lavoro minorile pare infatti condannare i minori all’immobilismo sociale: raramente questi riescono a frequentare la scuola con regolarità e nella maggior parte dei casi finiscono per abbandonarla, perdendo così la possibilità di riqualificare il proprio futuro. 

A causa della complicità della famiglia e dell’omertà che spesso circonda di silenzio le fasce più disagiate, parlare di sfruttamento dei minori diventa spesso un tabù. Senza contratto, sfruttati, pagati poco o niente e in condizioni di lavorio precarie se non pericolose, i minori che lavorano associano l’idea di illegalità ad attività palesemente illecite come spaccio di sostanze stupefacenti, furti, rapine (alcuni di essi vi sono oltretutto coinvolti) senza rendersi conto che la legge vieta di lavorare prima dei 16 anni.

Di fronte a questo scenario avvilente Save the Children sottolinea la necessità impellente di un Piano nazionale che riguardi il lavoro minorile. Valerio Neri, direttore generale di Save the Children Italia chiede che sia favorito “il raccordo scuola-lavoro e si promuovano le esperienze più professionalizzanti. Per i ragazzi che vivono in aree ad alta densità criminale proponiamo di promuovere 'aree ad alta densità educativa', basate sull’offerta attiva di opportunità e spazi qualificati per i più giovani, a scuola e sul territorio.“

Piaga mondiale e locale, il lavoro minorile affonda le sue radici nella povertà ed è indice di disparità sociale come di comportamenti collettivi deviati o falliti (ribadiamo la responsabilità del tessuto sociale, dalla scuola alle famiglie alle istituzioni statali). “Bisogna intervenire per spezzare il circolo vizioso povertà-lavoro minorile-ignoranza-povertà“ ha affermato ieri il Presidente dell’Unicef Italia. La lotta contro il lavoro minorile ha infatti un ruolo primordiale nella difesa dei diritti dei minori: soltanto rispettando questo punto imprescindibile della Convenzione ONU sui Diritti dell’infanzia si può garantire a bambini e giovani uno sviluppo armonioso accompagnato da un futuro sereno. 

 

 

 


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